Afleveringen
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È una delle parole più innocue e allo stesso tempo potenti che esistano: senza. La sua presenza sulle etichette di un alimento è in grado, da sola, di cambiarne le sorti sul mercato. Lo sanno bene tutte quelle aziende che nel 2015 si sono trovate (più o meno) costrette a togliere dai propri dolci o prodotti da forno l’olio di palma, un ingrediente a lungo ignorato e che quasi all'improvviso era diventato il primo di quelli da evitare.La storia dei cibi “senza” è una delle più affascinanti da raccontare, e le conseguenze del suo impiego sono tra le più sorprendenti quando si tratta di cibo, ma non solo. A iniziare furono i produttori di bibite gassate e di gomme da masticare, che negli Anni 50 del secolo scorso sostituirono lo zucchero con nuovi prodotti più dolci, meno calorici e molto più economici, pensati per i diabetici ma diventati poi di uso comune.Ne parliamo con Guendalina Graffigna, professore ordinario di Psicologia dei consumi e della salute presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza; Beatrice Mautino, divulgatrice scientifica, autrice di libri e podcast; Jury Chechi, ex campione di ginnastica artistica, che come molti atleti ha dovuto confrontarsi con diete “senza”; e Raoul Romoli Venturi, fondatore della Romoli Venturi & Partners e per 17 anni direttore della comunicazione di Ferrero.Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
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La produzione di carne e di alimenti di origine animale sarà una delle sfide più grandi del futuro. La richiesta di proteine animali è in costante crescita e, di conseguenza, anche il numero di animali, che vengono allevati spesso in condizioni terribili, in spazi angusti e costretti a ingrassare o a produrre continuamente. Gli allevamenti intensivi, nati quasi per caso alla fine degli Anni 20 negli Stati Uniti (dove il consumo di carne è un simbolo di status sociale e persino politico), sono oggi uno dei principali problemi per il Pianeta.
Un’alternativa esiste, ed è l’allevamento allo stato brado, un metodo rispettoso del nostro benessere, di quello degli animali e dell’ambiente. A sua volta, però, presenta dei limiti:non è facilmente replicabile e fa costare la carne molto di più. Ne parliamo con Francesco Costa, vicedirettore del Post e uno dei più profondi conoscitori dell’America, e con Francesco Carriero, allevatore allo stato brado di suino nero e produttore di salumi a Martina Franca, in Puglia.
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Zijn er afleveringen die ontbreken?
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Se pensate che un prodotto con il marchio europeo Dop o Igp sull’etichetta sia più buono, non è del tutto vero. Quando hanno cominciato a essere attribuite, le denominazioni di origine avevano un obiettivo per lo più commerciale che è stato tradito nel corso del tempo. Eppure hanno grande successo. Perché? In cosa ci garantiscono? Quali vantaggi hanno portato ai produttori?
Ne abbiamo parlato con Andrea Bezzecchi, presidente del Consorzio di tutela dell’aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia; Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano; e Michele Antonio Fino, professore associato di Diritto romano e diritti dell’antichità all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo.
La seconda stagione di Lievito Madre è prodotta con il sostegno di Reale Mutua.
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Che cosa rende un olio extravergine? La carne di una mucca allevata allo stato brado è più buona di quella di un allevamento intensivo? E perché i prodotti “senza” - senza zucchero, senza lattosio o senza glutine – hanno così tanto successo tra i consumatori?
Sono alcune delle domande a cui Eugenio Signoroni risponderà da venerdì 27 settembre, per sei settimane, nei nuovi episodi di Lievito Madre, il podcast che spiega leggende, mode e modi di dire del cibo.
La seconda stagione di Lievito Madre è prodotta con il sostegno di Reale Mutua.
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Di cosa parliamo quando parliamo di vini naturali? Lo abbiamo chiesto, tra gli altri, ad Alice Feiring, la giornalista americana a cui si deve la definizione di questi vini ricavati da uve coltivate da agricoltura biologica o biodinamica, pressate il più delicatamente possibile, con una quantità minima di zolfo e nessun processo aggiuntivo.
A raccontarcene la storia, invece, è la figlia di Josko Gravner, che è stato il pioniere in Italia di un approccio alla produzione profondamente diverso da quello seguito fino allo scandalo del metanolo. Quell'approccio, oggi, è condiviso da decine di vignaioli che agli inizi degli Anni Duemila si sono anche costituiti in un'associazione dal nome eloquente, Vini Veri, e hanno contribuito alla diffusione di una nuova tendenza, proprio mentre tra i più giovani stava maturando una grande sensibilità per l'ambiente e l'ecologia.
Oltre che nelle modalità di produzione, questi vini sono diversi anche nel gusto: hanno note spiazzanti, imprecise, qualche volta proprio puzzolenti, che però non sono necessariamente dei difetti.
Produzione e adattamento della serie di Carlo Annese.
Editing audio di Giulia Pacchiarini.
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Promuovono territori, portano avanti battaglie sociali, conducono progetti per i più deboli, e dopo gli architetti sono diventati i grandi storyteller contemporanei. I cuochi premiati dalle guide sono diventati delle star; personaggi pubblici che attraverso la cucina fanno anche politica e provano a cambiare il mondo. Hanno trasformato, così, uno dei lavori più duri e storicamente meno desiderabili in una delle massime aspirazioni di tanti ragazzi.
Ma come si è arrivati a questa trasformazione? Lo raccontiamo facendo la storia della Guida Michelin con Marco Do (direttore comunicazione di Michelin Italia); quella personale di August Escoffier, il più importante cuoco vissuto tra Ottocento e Novecento, con il giornalista e scrittore americano Luke Barr; quella della Nouvelle Cuisine con Gabriele Zanatta (critico gastronomico di Identità Golose). E soprattutto lo facciamo raccontare ad Antonia Klugmann e Massimo Bottura, due degli esponenti più coraggiosi e visionari di questo nuovo modo di intendere il ruolo del cibo e di chi lo prepara.
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La nostra è terra di vino, e a dirlo sono i consumi: per la birra siamo terz’ultimi in Europa, davanti a Francia e Turchia, con 32 litri a persona consumati ogni anno, contro i 67 del Regno Unito o i 143 dei cechi, primi della lista. Eppure, oggi da noi ci sono più birrifici di quanti ne esistano in Belgio o in Austria, di una qualità e di un livello di innovazione difficili da trovare altrove. Merito di alcuni pionieri, attivi soprattutto in provincia, che hanno sperimentato metodi alternativi di produzione per opporsi al gusto uniforme e facile della produzione industriale, ricercando lieviti, malti e luppoli originali: in questo modo e creando uno stile che si è affermato tra i più influenti a livello mondiale: le Italian Pils.
Sono proprio due di loro a raccontarlo, Agostino Arioli (del Birrificio Italiano) e Teo Musso (creatore del marchio Baladin), insieme a Luca Giaccone, che cura la "Guida alle birre d'Italia "di Slowfood con Eugenio Signoroni, conduttore del podcast, e all'americano Ken Grossman, fondatore del marchio Sierra Nevada e uno dei padri della birra artigianale mondiale.
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La versione più accreditata è quella che la collega alla fine della Seconda Guerra Mondiale e alla razione di cibo dei soldati alleati che liberarono Roma. Eppure siamo tutti convinti che la ricetta della carbonara esista da sempre, e da qualche anno è anche diventata una specie di "linea del Piave" a presidio della tradizione gastronomica italiana, un monumento della nostra cucina.
Ma che cos'è la tradizione? E che valore ha oggi, in tempi in cui tutto si consuma rapidamente, a partire proprio dal cibo? Ne abbiamo parlato con Alberto Capatti, una delle voci più importanti in Europa quando si parla di alimentazione; Alessandro Trocino, giornalista del Corriere della Sera che ha dedicato alla carbonara e alla sua complicata vicenda un libro divertentissimo; Maddalena Fossati Dondero, dal 2017 direttrice de La Cucina Italiana, e con Diego Rossi, fondatore e cuoco di Trippa, una delle osterie di maggior successo degli ultimi anni.
Dai primi viaggi televisivi di Mario Soldati ai libri di ricette di Suor Germana, dalle guide che negli Anni 90 hanno iniziato ad assegnare gamberi e bicchieri fino al grande ritorno delle osterie, raccontiamo in che modo anche grandi chef come Gualtiero Marchesi sono stati capaci di reinterpretare la cultura italiana della tavola, codificata da "La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene" di Pellegrino Artusi, e di trasformarla in un modello a cui riferirsi con libertà e rispetto.
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Compriamo sempre di più nei farmers market, cioè direttamente dai produttori del nostro territorio, e lo abbiamo fatto soprattutto nei mesi della pandemia. È l'espressione di un desiderio di genuinità e autenticità che la globalizzazione ha reso ancora più urgente. Ma ciò che compriamo dai contadini che coltivano dietro casa siamo sicuri che sia migliore? E che cosa significa migliore: è sufficiente che sia più buono?
Ne parliamo con Carlo Petrini, fondatore del movimento Slow Food; Sandra Chiarato, di Coldiretti Veneto, che ha il merito di aver coniato la definizione di chilometro zero; Maurizio Martina, ex ministro dell'Agricoltura e attuale vicedirettore generale aggiunto della Fao. E poi con Pino Petruzzelli, che ha portato in scena uno spettacolo sulla straordinaria storia del cuoco italiano che ha cucinato per primo "a chilometro zero", e Anna Morelli, direttrice di Cook.inc, che racconta invece la svolta impressa a questo fenomeno da uno degli chef più bravi e famosi al mondo: René Redzepi.
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I lunghi mesi di lockdown verranno ricordati, tra l'altro, anche perché due prodotti comuni e di solito poco utilizzati nelle nostre case sono improvvisamente scomparsi dagli scaffali dei supermercati: la farina e il lievito. Per cercare di evadere dalla quotidianità, tutti (o quasi) ci siamo messi a impastare. E molti di noi hanno scoperto il potere del lievito madre, un prodotto quasi mistico, del quale chi ne possiede un panetto ne parla come se si trattasse di un figlio da nutrire e accudire ogni giorno, da aiutare a crescere, valutare e supportare.
Ma è proprio vero che il pane prodotto con il lievito madre è più buono di quello fatto con il lievito di birra, o non è piuttosto una moda? Eugenio Signoroni lo ha chiesto ad alcuni dei più importanti panificatori d'Italia: Davide Longoni, Eugenio Pol, la giovanissima Francesca Casci che ha aperto un laboratorio a Senigallia dove l'offerta cambia ogni giorno in base alle prenotazioni della clientela, e i due fondatori di Forno Brisa (Pasquale Polito e Davide Sarti) che a Bologna hanno fatto una piccola rivoluzione commerciale e politica. La risposta sta nel processo di lievitazione e di fermentazione, nella scelta delle farine. E, soprattutto, nell'aria.
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Si dice che il pane fatto con la pasta madre sia più buono di quello da lieviti industriali. È proprio così o è solo una moda? E soprattutto perché il lievito madre è tornato in auge, diventando un must dell'attuale gastronomia e invadendo la cucina di migliaia di italiani che hanno preso l'abitudine di farsi il pane in casa, tanto più nei mesi di lockdown e zone rosse?
Sono alcune delle domande a cui Eugenio Signoroni, giornalista gastronomico e curatore delle guide Osterie d'Italia e Birre d'Italia di Slow Food, risponderà in questa nuova serie prodotta da Piano, un podcast che vuol fare chiarezza su alcuni termini del nostro lessico quotidiano legati al cibo. Espressioni, formule, mode e modi di dire che incontriamo ormai ovunque. Per esempio, il chilometro zero: che cos'è? Cosa s'intende per birra artigianale? Chi è uno chef stellato? In base a cosa si può dire che i vini naturali sono migliori? E gli altri, allora, cosa sono: vini artificiali?
Per sei venerdì consecutivi, racconteremo tutto questo, con l'aiuto di produttori, studiosi, gourmet e dei maggiori esperti internazionali del settore. Non aspettatevi ricette, ma storie vere, persone vere, e un viaggio tra le tavole degli italiani. Un viaggio divertente e complesso, come solo il cibo sa essere.
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