Afleveringen

  • Tutte le malattie, sia fisiche che spirituali, umiliano l'uomo, ne limitano le potenzialità e lo pongono in una situazione di bisogno urgente di un adeguato ed efficace soccorso. Alcune di esse creano ulteriore imbarazzo perché deturpano evidentemente l'immagine dell'uomo, ne sfigurano le sembianze, rendendolo sgradevole alla vista degli altri. Diventa più drammatica la situazione quando alla malattia viene annessa una idea di impurità e vi scorge il pericolo del contagio. Per questo i lebbrosi venivano emarginati dal società e rilegati in luoghi solitari ed inospitali, spesso in caverne. Oggi vediamo uno di loro uscire audacemente allo scoperto perché egli vuole incontrare Gesù. Ha una fervente preghiera da rivolgergli: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi». Se vuoi, tu puoi: ecco come egli fa emergere la sua splendida fede adorna di grande umiltà. Si affida a Cristo e si rimette alla sua volontà. Lo steso Gesù nella sua agonia dirà: «Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà». Anche Gesù stava dicendo a Dio «se vuoi!». Anche quando egli è diventato maestro di preghiera ci ha insegnato a dire: «Sia fatta la tua volontà». Sappiamo però, forse anche per personale esperienza, che fede e umiltà smuovono sempre il cuore di Cristo verso chi così impetra il suo intervento. Egli infatti «Lo toccò dicendo: «Lo voglio, sii purificato. E subito la lebbra scomparve». È bello e consolante per noi vedere Gesù che tocca, senza schifarsi, le nostre più umilianti miserie: egli vuole stabilire una comunione piena con la nostra umanità, sembra voglia prendere contatto diretto con le nostre piaghe nella consapevolezza che dovrà poi assumerle tutte su di se per sanarci definitivamente. Prima di dirci «questo è il mio corpo, questo è il mio sangue» vuole scrutare e stabilire già una comunione con il nostro corpo, malato e sofferente, come sarà il suo nella crudelissima passione. Il toccare e il parlare formeranno i tratti essenziali delle nostre eucaristie; siamo chiamati a ripetere i suoi gesti e le sue parole con lo stesso intendo di guarire e di salvare. Il Signore ribadisce che non ci è lecito escludere la mediazione umana e sacerdotale per conseguire le nostre interiori purificazioni: il lebbroso è già guarito, ma Gesù gli ordina: «Và a mostrarti al sacerdote». Un monito preciso ed inequivocabile per tutti coloro che pretendono e scelgono di andare direttamente a Dio scavalcando i suoi ministri.

  • Quando Gesù scese dal monte, molta folla lo seguì.
    Ed ecco, si avvicinò un lebbroso, si prostrò davanti a lui e disse: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi».
    Tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio: sii purificato!». E subito la sua lebbra fu guarita.
    Poi Gesù gli disse: «Guàrdati bene dal dirlo a qualcuno; va' invece a mostrarti al sacerdote e presenta l'offerta prescritta da Mosè come testimonianza per loro».

  • Zijn er afleveringen die ontbreken?

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  • Nella storia dei regni, delle nazioni come in quella delle famiglie e della singole persone si incontrano dei periodi belli ma anche oscuri, di sofferenza e a volte di crisi, di distruzione. Stiamo seguendo in questi giorni la storia del popolo d'Israele, la storia della salvezza ma anche la storia umana, piena di eroi ma piena anche di peccato. Leggiamo oggi della crisi del Regno di Giuda che viene ridotto in cenere da Nabucodonosòr che si impadronisce di Gerusalemme, distrugge tutte le sue fortificazioni, deporta il re Joiachìm, la sua famiglia, quelle della gente più ragguardevole, lasciando solo i più poveri e inoffensivi per la coltivazione della terra. Questa è la grande deportazione in Babilonia, quella che viene chiamata "schiavitù di Babilonia". Dinanzi a questa distruzione, ci si chiede il motivo... E il motivo è così indicato dal sacro testo: "Joiachìm fece ciò che è male agli occhi del Signore!" Quest'affermazione non potrebbe darci una chiave di lettura delle sventure che piombano su nazioni, famiglie e individui? Quanti mali ci producono i nostri errori, le trasgressioni, l'avidità di ricchezza e di un vita spensierata! Il brano odierno del vangelo di Matteo è una conferma di quanto sopra esposto. Non bastano le belle parole, nemmeno le ripetute invocazioni per entrare nel regno di Dio ed evitare quindi la perdizione eterna, la somma di tutti i mali: Occorre "fare la volontà del Padre mio che è nei cieli". Il Signore porta la similitudine della casa per indicare la vita dei singoli come quella delle famiglie, delle comunità ecclesiali, delle nazioni... In ogni circostanza è necessario porre solide fondamenta, "sulla roccia", perché nel momento della tempesta, della prova, della sofferenza non si venga meno e si cada nella sfiducia e nella disperazione. La roccia è Cristo Signore, il suo esempio, il suo insegnamento. Non c'è da meravigliarsi se i singoli fedeli, le famiglie, le comunità e le opere di apostolato cadono e vanno in rovina. Non hanno fondamenta solide. Sono fondate su valori umani, su interessi, su valori effimeri: salute, avvenenza, ricchezza... ignorando le esigenze dello spirito. Quanta sofferenza, quanto strazio semina nel mondo il rifiuto della legge di amore del vangelo!

  • In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
    «Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: "Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?". Ma allora io dichiarerò loro: "Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l'iniquità!".
    Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».
    Quando Gesù ebbe terminato questi discorsi, le folle erano stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come i loro scribi.

  • Gesù, nel brano di oggi ci dice: "Guardatevi dai falsi profeti". E' evidente che il discorso si riferiva ai veri profeti, a quelli che erano i suoi discepoli e che, mandati da lui, sarebbero andati per il mondo a portare la verità di Dio. Il discorso di Gesù, dunque, è un discorso non soltanto morale, ma profondamente naturale. E' nel cuore dell'uomo affermare un'idea, fosse anche la più insignificante di tutte. Perciò l'uomo è potenzialmente un profeta. Il problema è appunto questo: se egli, accettando Dio e il suo Vangelo, diventi un vero profeta o se, seguendo le sue proprie idee, rimanga un falso profeta. A questo punto Gesù ci fornisce anche il criterio di valutazione più sicuro: "Dai loro frutti li riconoscerete". E quali sono i frutti che fanno riconoscere il discepolo di Gesù? Quelli indicati dal discorso della montagna: la pratica delle beatitudini, il perdono e l'amore per tutti, compresi i nemici, il dare senza chiedere, la preghiera, il non giudicare. Il vero discepolo di Gesù, colui che è profeta di verità, che sa di essere incorporato a Cristo con il battesimo non smetterà di produrre frutti, perché non potrà parlare e agire se non come Gesù. Molte cose che non resistono al tempo e alla storia, non resisteranno neppure al giudizio di Dio. L'albero bacato che produce frutti cattivi, non serve a nulla. Il contadino lo taglia e lo butta nel fuoco. Anche Giovanni Battista aveva usato questa immagine. Così Gesù: l'albero infruttuoso verrà consegnato al fuoco. Ciò è detto per i falsi profeti, ma vale anche per gli altri profeti. Soltanto una vita totalmente vissuta nella fede e nella carità, potrà resistere al fuoco del giudizio. Confrontiamoci dunque sul criterio della vera o falsa profezia, sia come ascoltatori dei profeti, sia come profeti noi stessi, e ciò che troveremo da correggere, correggiamolo senza esitazione.

  • In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
    «Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete.
    Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete».

  • Nel vangelo di oggi ci troviamo di fronte ad alcuni detti del Signore, che ci aiutano a dare forma e contenuto al nostro sevizio di inviati e di testimoni della sua presenza. Il primo invito: "Non date le cose sante ai cani". Il discepolo deve avere sempre davanti agli occhi questi due principi: il dovere primario di annunciare il Vangelo e il dovere di non esporlo al disonore. E' stato un saggio avvertimento, che ha guidato le precedenti generazioni. Oggi, per le mutate condizioni, assume una maggiore rilevanza di prudenza, di testimonianza e di rispetto: viviamo tra molta gente, divenuta estranea ormai alla vita cristiana. Gesù sa che, quando un cuore si chiude o ha un'altra sensibilità religiosa, rimane inaccessibile a qualsiasi dono. Non conviene proporre subito i beni preziosi della rivelazione. E' d'obbligo saper attendere il momento propizio o rendere propizia una situazione. Il Regno di Dio è opera di Dio, ma chiede prima di qualsiasi proposta, la nostra invocazione e il nostro gradito sacrificio. "I vostri doni sono un profumo di soave odore", che sale al Padre dell'umanità. Il secondo ammaestramento è molto semplice ed è alla nostra portata e alla nostra sensibilità. "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro". Come desideriamo subito ciò che vorremmo che gli altri facessero a noi: più attenzione, più amore, più ascolto, ebbene, il Signore ci dice che quello che sentiamo fatto bene per noi, fosse il nostro corredo nei confronti degli altri. Quando noi diamo ciò che avremmo voluto ricevere, e trattiamo gli altri come avremmo voluto essere trattati, si compie quasi un miracolo, nasce una umanità nuova. "Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù". La vita cristiana è così posta all'insegna di una attività premurosa e promotrice di bene. Non giustifica indolenze e non consente pigrizie. L'imperativo - terzo ammaestramento - a entrare nel Regno di Dio per "la porta stretta e a seguire la via angusta", mentre di contro vi sono la porta larga e la via spaziosa, non osa affermare in modo definitivo salvezza e perdizione. Non è una massima esclusiva, ma una forte ammonizione ad entrare e a trovare la strada per la vita. La comodità e il Vangelo non possono andare d'accordo. Gesù in queste parole non ci insegna una dottrina, ma ci propone la sua stessa vita, protesa "decisamente" verso il calvario per manifestare a tutti quanto amore lo spingeva a tanto. Sapienza profonda del Signore Gesù, che illumina la nostra vita, saggezza nostra se accogliamo quanto ci ha detto per il bene nostro e dei nostri fratelli.

  • In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
    «Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi.
    Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti.
    Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!».