Afleveringen

  • E' una struttura dell'Orto realizzata nel 1800.
    Rappresenta la prima serra calda del giardino Corsini ed ospita una collezione di succulente e piante grasse: le famiglie maggiormente rappresentate sono le Cactaceae, le Agavaceae, le Euphorbiaceae e le Crassulaceae. Di pregio la collezione delle caudiciformi, che comprende in particolare i generi Adenium, Pachypodium e Testudinaria.
    Sono presenti due vasche appartenute a Cristina di Svezia nel periodo in cui era affittuaria di Villa Riario (dal 1659 al 1689).

  • Nell’area compresa fra la Collezione delle Felci e le Mura Aureliane, è presente una collezione di oltre 150 varietà di vite rappresentative delle venti Regioni Italiane e le 15 varietà d’uva straniere più celebri al mondo.
    Il 3 aprile 2018, in un’area dedicata all’interno dell’Orto Botanico di Roma, c’è stata la piantumazione completa del Vigneto Italia: 310 barbatelle, due per ogni vitigno selezionato tra le più importanti varietà nazionali.
    Il Vigneto Italia è stato voluto dall’analista sensoriale di fama internazionale Luca Maroni insieme al Museo Orto Botanico – Università Sapienza di Roma, e in collaborazione con i Vivai Rauscedo.
    L’obiettivo di questo straordinario progetto, per cui è stato scelto il metodo di coltivazione biodinamica, in quanto a impatto zero sull’ambiente, è la conservazione, lo sviluppo e la diffusione della conoscenza della cultura vitivinicola italiana.
    Tra i vitigni autoctoni presenti nel giardino ci sono il Nebbiolo, la Glera, il Tintore di Tramonti, la Cococciola d’Abruzzo, il Mayolet della Valle d’Aosta, accanto al Lancellotta emiliano, al Bombino, all’umbro Canaiolo, alla Lacrima di Morra delle Marche, al Nerello siciliano, al Pignoletto bolognese, all’Albana romagnola, allo Schiopettino friulano ed ai più noti Barolo e Sangiovese.

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  • Situato lungo la parte delle Mura Aureliane che incrociano la passeggiata del Gianicolo, risuona lo sciabordio del Fontanone dell’acqua Paola, che si intravede sullo sfondo oltre il tratto superstite delle mura aureliane. Qui si trova il Giardino Roccioso. Questo giardino è caratterizzato da blocchi di pietra con piante caratteristiche delle flore di alta montagna, intorno alla vivace cascata, ripartite per aree geografiche.
    Le aree geografiche sono così suddivise: Alpi, Pirenei, Carpazi, Caucaso, Himalaya, Montagne Rocciose e Ande.
    Oltre a queste aree sono presenti anche piante provenienti dall'Etna.

  • Questo giardino è organizzato in aiuole, dove si possono osservare circa 120 specie tipiche della macchia mediterranea tra cui il corbezzolo, simbolo della patria italiana, dovuto al fatto che i suoi colori sono quelli della bandiera italiana, e da esso si producono liquori e vini. Il lentisco, dal quale si produce un particolare tipo di olio usato in cucina, e il Mirto, da cui si produce il celebre liquore in Sardegna.
    Oltre alle specie italiane si incontrano specie australiane e specie originarie del Sudafrica.
    Fra le specie endemiche troviamo la Bocca di leone, l’ Erodium corsicum, conosciuto anche col nome di Becco di Gru, e l’Elicrisio.
    Sono presenti anche specie dei generi Cistus, Salvia, Teucrium e Lavandula, che rappresentano il paesaggio iconico e i paesaggi mediterranei, come quelli iconici della Provenza in Francia.

  • È la struttura originaria, costruita dalla ditta Mathian di Lione nel 1877, in stile art deco. La serra ospita una bellissima collezione di euforbie, con varie specie presenti.
    Addossate alla struttura, sui due laterali, si trovano due Serre, a doppio spiovente, una delle quali è adibita alla coltivazione delle orchidee (tra le quali sono presenti i generi Cattleya, Vanilla, Laelia, Epidendrum), e le Bromeliacee (tra le quali sono presenti le Tillandsia, le Vriesee, le Ecmee, e le Cryptanthus, conosciute in italiano come Stelle della Terra.
    Le orchidee sono coltivate anche all'esterno della Serra.

  • L'ambiente acquatico dell'Orto è rappresentato dal ruscello, dal laghetto e da alcune vasche. Sono presenti diverse specie tra le quali il fiore di loto. Considerato sacro sin dai tempi degli antichi Egizi, appartiene al genere di piante acquatiche chiamato Nelumbo, e fece la sua prima apparizione sul pianeta Terra 80 milioni di anni fa. Sboccia nel periodo estivo, tra giugno e settembre, e in natura esistono due varietà che crescono in America, Asia e Australia.
    Le foglie, estremamente decorative, sono molto grandi con un diametro di oltre 1 metro. Una caratteristica interessante delle foglie del fiore di loto è la loro capacità di mantenersi sempre pulite e asciutte sebbene la pianta cresca e si sviluppi in acque stagnanti.
    I fiori sono composti da più di 20 petali con sfumature di colore che vanno dal bianco al rosa, dal giallo al rosso, e hanno un profumo intenso e avvolgente.
    Il fiore di loto è considerato sacro per l’Induismo e il Buddhismo. In India è uno dei simboli nazionali mentre per i buddisti il significato del fiore è legato al concetto di purezza dell’anima e del corpo e di elevazione spirituale. La sua particolarità legata al chiudersi di notte e aprirsi di giorno, è simbolo di forza vitale e resistenza fuori dal comune.

  • Di recente realizzazione, questa serra ospita specie tropicali e subtropicali.
    All'interno della serra l'umidità rimane costantemente sull'80% e la temperatura varia fra 18-20C in inverno, e intorno a 30C in estate.
    La serra è organizzata in aree, ciascuna dedicata a una particolare tematica: l'area delle specie del sottobosco tropicale; l'area dei Pandanus (genere di piante che comprende oltre 600 specie distribuite nella fascia tropicale di Africa, Asia e Oceania. Le diverse specie di Pandanus costituiscono un'importante risorsa ecologica per molte forme di vita animale, e trovano ampia utilizzazione nell'artigianato, nella gastronomia e nella medicina popolare di molte popolazioni); le vasche che ospitano Victoria cruziana (una enorme ninfea tropicale che produce foglie arrotondate che raggiungono normalmente un diametro di 1 metro, ma possono addirittura raddoppiare se coltivate in ampi spazi e in condizioni particolarmente favorevoli. Tutte le parti che compongono questa pianta, ad esclusione del bocciolo e della pagina superiore della foglia, sono ricoperte da potenti spine. I grandi fiori si aprono di notte e sono di colore bianco/crema il primo giorno, mentre nei giorni successivi diventano rosa amarena. Il profumo dei fiori è molto forte e si sente a molti metri di distanza). Infine, sono presenti le l'aree delle piante palustri; quella delle piante utili; l'area che ricrea l'ambiente della "foresta tropicale" e l'area delle palme.

  • In questo spazio dell'Orto botanico si trova una bella collezione di 220 specie di piante medicinali organizzate in vasche.
    Nella storia l’utilizzo di queste piante si perde nella notte dei tempi. Uno dei più importanti scrittori greci antichi, Eracleide, descrisse alcune ricette farmacologiche create tramite estratti, decotti e misture derivate da queste piante, riprese poi in seguito da un importante enciclopedista e medico romano Aulo Cornelio Celso.
    Nell'antica Roma erano impiantati orti chiamati medicinali, in quanto si coltivavano piante sfruttate per le varie terapie mediche.
    In Sicilia, grazie ai Saraceni, vennero introdotte nuove tecniche idrauliche e di irrigazione, che consentirono l'introduzione di nuove piante officinali.
    Gli arabi diedero un grande impulso all'alchimia medievale, principalmente per lo sviluppo farmaceutico di tinture e di distillati.
    La scienza della botanica, intesa come quella attuale, nacque però solo agli inizi del Cinquecento.
    Tra le piante medicinali più conosciute, presenti nell'Orto dei Semplici, troviamo: la Belladonna (l'epiteto fa riferimento al collirio basato su questa pianta per dare risalto e lucentezza agli occhi, usato dalle dame del Rinascimento); il Tarassaco (famoso per i suoi semi che vengono “soffiati” dal vento, che viene usato sia in cucina che nella medicina tradizionale); l’Arnica (usata spesso come antidolorifico); i Fiori di Bach (scoperti dal medico britannico Edward Bach, che ha fondato una terapia non riconosciuta dalla medicina scientifica attraverso soluzioni ricavati da essi); l’Assenzio (famoso per le sue proprietà allucinogene).

  • E' una conifera che si credeva ormai estinta, ma che, nel 1994, è stata individuata in una forra all’interno del Wollemi National Park in Australia.
    Questa scoperta destò un grande interesse fra i botanici, poiché gli studi su questa conifera fino ad allora erano possibili solo tramite foglie fossili degli esemplari sopravvissuti al tempo, risalenti a circa novanta milioni di anni fa e rinvenuti in Nuova Zelanda, Antartide e Australia.
    Questa pianta può raggiungere dimensioni notevoli, anche i 35-40 metri di altezza, con aghi scuri, palmati e sovradimensionati e una corteccia spessa.
    Attualmente lo studio sulla Wollemia nobilis ha portato all’individuazione di circa un centinaio di esemplari nella gola del canyon del parco australiano.
    Dalla scoperta ad oggi, sono stati fatti molti tentativi per far sviluppare in maniera più consistente questa antica conifera al fine di avere un maggior numero di esemplari e scongiurare l’estinzione.
    La Wollemia nobilis fu portata per la prima volta in Italia alla manifestazione Euroflora, che si tenne a Genova nel 2006.
    E' presente nell’Orto botanico di Roma e per la prima volta ha sviluppato anche i coni femminili: questa è un’ottima notizia ai fini della sua riproduzione e l’ottenimento di nuovi esemplari.
    Nell'Orto e' inserita nell’area dedicata alle Gimnosperme e in particolare si ritrova fra due sequoie di modeste dimensioni.
    Insomma una pianta unica, come il Ginkgo biloba e la Cycas, che ci parlano di un passato lontano.

  • Sono un gruppo di piante vascolari legnose che producono semi non protetti da ovario; infatti i semi sono nudi e disposti sulle scaglie di un cono (o pigna), o di una struttura simile (come gli arilli del tasso). In alcuni casi (ad esempio, nel genere Ginkgo) il cono si richiude completamente intorno al seme, generando un involucro carnoso dall’apparenza di un frutto.
    La collezione, che occupa parte della zona collinare dell'Orto botanico, comprende i generi Podocarpus, Pinus, Cipressus e Torreya.
    Si sottolinea la presenza di Abeti dei Nèbrodi (specie gravemente minacciata, inserita nelle Liste Rosse IUCN), il Kauri dalla corteccia liscia, conifera a foglia espansa, di Sequoia sempervirens e di Ginkgo biloba. È presente anche un individuo di Wollemia nobilis, specie ritenuta estinta fino al 1994, quando fu rinvenuta nel Wollemi National Park (in Australia).
    Oltre al Pino delle Canarie, con la peculiarità dei ramuli penduli che rivestono il tronco sin dalla base, si rinviene anche il Pino paroliniano, che, come noto, è il quarto rappresentante tra le specie mediterranee, diffuso spontaneamente sui monti dell'Oriente (Grecia, Libano, Turchia e Siria).
    E' presente anche un noce gigante caduto nel 2008, ma che i giardinieri che curano l'Orto hanno deciso di continuare a tenerlo in vita. Così hanno coperto le sue radici con una grande zolla di terra, e il noce continua a vivere e germogliare seppure coricato a terra.

  • È un albero antichissimo le cui origini risalgono a circa 250 milioni di anni fa.
    E' una pianta arborea di origine cinese che raggiunge un’altezza di 30–40 metri.
    Ha una forma tendenzialmente piramidale nelle piante giovani, mentre tende a una forma ovale negli individui più vecchi.
    La peculiarità botanica di questa pianta sono le foglie, uniche nell’attuale panorama vegetale terrestre: sono decidue con un lungo picciolo e di colore verde chiaro. La forma è molto particolare, tipicamente a ventaglio, leggermente bilobata e percorsa da un numero elevato di nervature dicotome.
    In autunno tutte le foglie assumono una bellissima colorazione giallo vivo, rendendo la pianta altamente decorativa.
    Il ginkgo è originario della Cina, nella quale sono stati rinvenuti fossili di questa specie dell’era paleozoica.
    Questa specie è stata ritenuta estinta per secoli, ma recentemente ne sono state scoperte almeno due stazioni relitte nella provincia dello Zhejiang nella Cina orientale. Non è ancora chiaro se la pianta sia sopravvissuta per millenni in poche o in un’unica stazione relitto, oppure se sia arrivata ai giorni nostri grazie alla coltivazione operata per millenni da parte dei monaci cinesi.
    Sei esemplari di Ginkgo, ancora esistenti, sono stati gli unici alberi sopravvissuti alle radiazioni prodotte dalla bomba atomica caduta sulla città di Hiroshima.
    Questa pianta è anche il simbolo della città di Tokyo, capitale del Giappone.

  • Detto anche "Bosco Romano”, rappresenta un lembo della vegetazione spontanea dell’area della città sopravvissuta all’urbanizzazione.
    Il bosco è costituito da lecci, roverelle, farnie, sughere, cerri, aceri, carpini bianchi, alaterni e allori. Anche il sottobosco è ricco di specie spontanee, quali l’acanto, il giaggiolo fetido, lo smirnio e il gigaro.
    I fusti delle querce secolari ospitano sia il picchio rosso sia il picchio verde, mentre nei mesi di giugno e luglio le serate offrono la possibilità di osservare centinaia di lucciole luminescenti.

  • E' una scenografica Scalinata detta “delle Undici Fontane”, dal numero delle vasche che la circondavano e la arricchivano. Era affiancata ed in gran parte coperta da platani centenari e da un querceto, ricordato nelle testimonianze settecentesche come la “gran macchia”, che ricopriva la sommità del Gianicolo. A conclusione dell’asse della Scalinata vi era un nicchione architettonico che ospitava una statua antica di Togato, probabilmente Cornelio Cornuto, al quale fa riferimento l’iscrizione sulla base funeraria marmorea, anch’essa antica e già presente nel giardino al tempo di Cristina di Svezia, che abitò il palazzo del cardinale Riario, nell’area dove sorgerà la residenza dei Corsini tra il 1659 ed il 1689, fino alla morte.
    Venne progettata da Ferdinando Fuga nel 1742 per il giardino del palazzo Corsini alla Lungara, divenuto in seguito l'attuale Orto Botanico.
    La “Fontana della Prospettiva” fu disegnata in asse con il braccio meridionale del palazzo e fu arricchita di statue e busti antichi, oggi in buona parte scomparsi. Una statua è stata ritrovata nei magazzini dei Musei Comunali di Roma.

  • Questo giardino nasce da un progetto di Ken Nakajima, creatore anche del giardino dell'Istituto di Cultura Giapponese.
    È caratterizzato, secondo un modello orientale, da giochi d'acqua, piccole cascate, e dalla presenza di due laghetti.
    Al suo interno si possono osservare alcune specie come la Camellia sinensis e la Magnolia stellata.
    Solo alla metà di aprile il Giardino Giapponese, alle pendici del Gianicolo, è nel suo momento di massima fioritura, grazie ai suoi bellissimi ciliegi, simbolo della festa dell’Hanami.
    Al suo interno si trova anche una pagoda, che assomiglia piuttosto ad un gazebo, essendo una struttura ad un solo piano aperta verso il lato del giardino, che permette di sostare nella contemplazione e, affacciandosi alle finestre prive di alcuna barriera, di contemplare il panorama di Roma.
    L'architetto, con la sensibilità che lo ha contraddistinto anche nell'altra sua opera romana, non ha voluto introdurre eccessivi elementi esotici e non ha voluto privilegiare alcunché, alternando essenze giapponesi a quelle locali, quelle sempreverdi alle caducifoglie.

  • La collezione è situata nel settore meridionale dell'Orto Botanico e comprende oltre 60 entità fra specie, sottospecie e varietà, dai bambù nani ai giganti.
    I bambù si sono ben acclimatati al microclima dell'Orto Botanico, tanto da presentare fino a 30 cm di accrescimento giornaliero durante il periodo primaverile. Tra i suoi culmi è possibile scorgere i resti di un tratto delle antiche Mura Aureliane.
    Questa pianta cresce principalmente nelle regioni tropicali e subtropicali della terra, ma in realtà può essere coltivato quasi ovunque. Si trova naturalmente in tutti i continenti, eccetto l'Antartide e l'Europa. In Asia viene usato come materiale prediletto per le impalcature.
    Esistono specie di bambù che possono sopportare le condizioni più avverse, comprese temperature inferiori a -20C. Può crescere dal livello del mare fino ai 4000 metri di altitudine, nelle Ande.
    Il bambù è duro e fibroso, ma in realtà non è un albero, bensì una specie di erba.
    Le piante di bambù hanno una crescita limitata, sia in altezza, sia in spessore. Non hanno corteccia e gli steli non diventano più spessi di anno in anno, come accade con i tronchi degli alberi.
    Una pianta di bambù raggiunge la sua altezza finale durante il suo primo anno.
    Attualmente ci sono 1575 specie conosciute di bambù: alcune legnose, che sono quelle a cui la maggior parte delle persone pensano quando si parla di bambù, e altre più simili a erba, dette varietà erbacee , che sono verdi e somigliano molto meno ad alberi.

  • Questa piccola valle è situata fra il Roseto e la Collezione dei Bambù.
    Le felci sono un gruppo antico, apparso già nel Devoniano inferiore, esplose alla fine del Mesozoico e rappresentato ancor oggi da circa 11000 specie.
    Queste piante sono cormofite: sono costituite cioè da un fusto, vere radici e foglie, e posseggono un sistema vascolare. Sono difatti le prime piante terrestri che hanno cominciato a differenziare un sistema di trasporto dei fluidi, permettendo così un ulteriore accrescimento in altezza a differenza delle briofite (muschi) che non sono riuscite ad affrancarsi totalmente dalla vita acquatica.
    Evolutivamente presentano alcune importanti differenze rispetto alle briofite: compare la lignina, presentano sporofiti ramificati con numerosi sporangi, le radici hanno funzione di assorbimento e il gametofito è ridotto rispetto allo sporofito.
    A differenza di Angiosperme e Gimnosperme, le felci non sono dotate di semi ma si diffondono nell'ambiente mediante spore.
    Vengono coltivate ​​principalmente come ornamentali: felci arboree adornano giardini botanici tropicali e temperati in tutto il mondo.

  • Nasce da un progetto di Stelvio Coggiatti, elaborato con il Dipartimento di Biologia Vegetale della Università 'La Sapienza' di Roma, di cui l'Orto Botanico fa parte, tra il 1993 ed il 1995, quando venne ultimata la messa a dimora delle piante. Il luogo dove destinare il roseto fu scelto in base a criteri "paesaggistici" ed estetici (una naturale forma ad anfiteatro, delimitato nel perimetro da importanti presenze arboree), nonché in base alla presenza di un rosaio probabilmente di età superiore ai cinquanta anni.
    Ai lati del roseto, ma fuori dal percorso didattico vero e proprio, sono presenti altre due piccole ma importanti collezioni di rose: alcune decine di esemplari di specie asiatiche, nord americane ed europee, e alcune varietà "coprisuolo" ed arbustive che vanno acquisendo sempre maggiore importanza nell'arredo urbano. Infine una collezione di rosai sarmentosi e rampicanti incornicia la parte superiore del roseto.
    Le ventotto aiuole che lo compongono rendono chiaramente visibile il percorso evolutivo di questo genere; non è dunque questa una "collezione di piante appartenenti allo stesso genere e famiglia, come palme, piante succulente, orchidee, ma è il concetto di evoluzione che ha guidato la scelta dell'inserimento delle singole specie, cultivar, ibridi, varietà.
    Con la creazione del roseto si è operata la scelta di realizzare una struttura di rose in grado di aggiungersi ed integrarsi agli elementi che contraddistinguono un orto botanico: didattica, collezione, sperimentazione.

  • E' un'opera del 1742 realizzata da Giuseppe Poddi, raffigurante due tritoni che sorreggono un canestro di frutta da cui zampilla l’acqua, all’interno di una grande vasca quadriloba.
    La Fontana dei Tritoni era una delle parti più belle del giardino settecentesco di Palazzo Corsini, disegnato, insieme al palazzo, dall'architetto fiorentino Ferdinando Fuga. All'epoca la fontana era messa al centro di un emiciclo di alloro ad archi, che formava il cosiddetto "teatro di verdura". In questo luogo i Corsini in estate tenevano incontri letterari.
    Nel 1883 il palazzo fu venduto allo Stato italiano per divenire sede dell'Accademia dei Lincei. Il giardino, ceduto all'Università di Roma, diventò così l'Orto Botanico. L'emiciclo fu allora soppresso.
    La fontana è costituita di una vasca a forma di quadrifoglio, in marmo di Carrara. Al centro della vasca c'è un gruppo di travertino che raffigura due tritoni. Le due figure, una di aspetto più giovanile e l'altra più anziano, sono distese su un fianco e sorreggono con le braccia un canestro di fiori e frutta. Dal canestro esce uno zampillo d'acqua.

  • E' un giardino dei profumi per i non vedenti, con una serie di aiuole in muratura dove vengono coltivate specie riconoscibili attraverso caratteristiche tattili e olfattive, corredate da appositi cartellini scritti in braille, così da consentire una conoscenza approfondita delle piante.
    Ci immergiamo assieme in un’atmosfera paradisiaca, fatta di suoni, colori e profumi intensi.
    Tra le piante presenti ricordiamo la Salvia officinalis, il geranio profumato, la Salvia coerulea, la Ruta, utilizzata spesso per creare distillati come la grappa, e il rosmarino.

  • É una delle collezioni di maggior rilievo dell'Orto botanico per l'elevato numero di entità che vengono coltivate all'aperto.
    Tra queste sono presenti diverse specie a rischio inserite nelle liste rosse dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN).
    Di grande interesse è la Palma nana che si trova spontaneamente in Italia, con un’ampia distribuzione anche nelle Isole ponziane.
    Tra le palme presenti, usate per le alberature stradali, possiamo ammirare la Palma delle Canarie.
    Visto l’interesse biologico, tutte le palme del giardino, sono sottoposte ad un trattamento chimico molto potente per tutelarle all’attacco del punteruolo rosso.
    Normalmente in natura sarebbe possibile attuare la lotta biologica che prevede di introdurre il naturale predatore dell’insetto, ma non è possibile replicarla all’interno dell’Orto botanico perché sarebbe introdotta una specie aliena che potrebbe prendere il sopravvento e intaccare il naturale ciclo biologico.
    La collezione di palme è storica, e risale al 1883.