Afleveringen
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Elisa Pistis ha 38 anni ed è un’attrice. Nasce in Sardegna da un papà ferroviere e una mamma impiegata, che si sono emancipati da contesti molto umili e che le trasmettono l’importanza del risparmio. Elisa capisce subito che ogni desiderio esaudito racchiude il costo di ciò a cui si è dovuto rinunciare per realizzarlo. «Un'educazione di questo tipo ha creato in me una costante ansia che i soldi non bastassero mai e che quindi tutte le spese “superflue” potevano o essere tagliate oppure accuratamente ponderate».
A dispetto di questa relazione con il denaro, Elisa sceglie di intraprendere una carriera intrinsecamente instabile, e cioè, quella teatrale. Finita l’università in Beni Culturali, si iscrive all’Accademia d’arte drammatica a Udine e, una volta diplomata, si dedica con passione al suo sogno di diventare attrice, affrontando sacrifici e precariato. «Sono stati dieci anni complessi. Un mese avevo cinque spettacoli, ma il mese successivo non sapevo cosa aspettarmi».
Quando la pandemia cancella improvvisamente la tournée in cui era impegnata, Elisa prende consapevolezza della necessità di avere un piano B, e di diversificare le sue fonti di reddito. «Vivo da sola e posso contare solo sulla mia capacità di lavorare come attrice. Se mi tolgono questa possibilità, io non ho paracadute». Così, inizia a cercare un secondo lavoro, conciliabile con i suoi impegni sul palcoscenico. Dopo un po’ di ricerche, trova un impiego in un altro ambito che l’appassiona: quello del benessere, nel campo del network marketing.
Grazie al nuovo lavoro, Elisa guadagna circa 700 euro al mese. Combinando queste entrate con quelle derivanti dal teatro, riesce finalmente a concedersi a regalarsi il lusso di qualche spesa superflua. «Se voglio andare al ristorante una volta in più, ora posso farlo senza troppi pensieri. Tuttavia, trovare un equilibrio non è sempre immediato: dopo una vita passata a risparmiare, liberarsi dall’idea che ciò che è superfluo si debba necessariamente evitare non è semplice. Cambiare mentalità richiede tempo e consapevolezza».
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Michele Dalla Tezza ha 49 anni ed è sia imprenditore sia dipendente di una multinazionale nel settore marketing. Nato e cresciuto in provincia di Varese, uno dei quadretti familiari impressi nella sua memoria ritrae il padre artigiano e la mamma impiegata intenti a parlare di soldi. «Mia mamma teneva la contabilità della ditta di mio papà, e gli chiedeva i prezzi per poter fare le fatture ai clienti». Michele, nel suo piccolo, replica la stessa ritualità della madre, e con la paghetta mensile che riceve, compila un quaderno delle entrate e delle uscite. Abitudine che perde una volta adulto, quando si accomoda dentro il lavoro dipendente
Michele approda in una grande multinazionale, dove costruisce una solida carriera e raggiunge una posizione di rilievo. Un giorno però, a causa di una ristrutturazione, gli viene chiesto o di accettare un nuovo ruolo, o di andarsene con una buona uscita. Nonostante la forte responsabilità che sente nei confronti del mantenimento della famiglia, e nonostante i calcoli economici gli suggeriscano di mantenere il posto dipendente, Michele decide di fare il salto nel vuoto, e di accettare la buonuscita: «La proposta che avevo ricevuto metteva in luce il fatto che, evidentemente, non ero più indispensabile». A quel punto, la prima domanda che si fa è: «Ma quanto posso vivere e mantenere la famiglia senza trovare un lavoro?».
Questa domanda lo spinge a riprendere l’abitudine che aveva ai tempi dell’oratorio: fare un’analisi dettagliata delle sue entrate e uscite, e grazie a questo piccolo rituale riscopre il valore di avere il pieno controllo delle proprie finanze, al punto da concedersi più piaceri di prima. In quel periodo di piacevole scoperta, Michele si avventura nel mondo degli investimenti, appassionandosi ai temi delle entrate passive e del cash flow. Ed è proprio girando intorno a questi due concetti che decide di lanciarsi nelle locazioni del settore immobiliare e con un socio fonda una società immobiliare per gestirle. Nel frattempo, trova un altro lavoro in un’azienda, che però prende con tutt'altra mentalità rispetto al passato: «Devo dire che dà molta sicurezza avere il piano B, ti dà più leggerezza. Non investi tutto nel lavoro dipendente che può finire da un momento all'altro».
Michele oggi ha trovato l’equilibrio tra attività imprenditoriale e attività dipendente e, anche grazie al percorso di Rame, ha dato risposta a una domanda che non si era mai posto, e cioè, quali sono i suoi obiettivi finanziari.
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Zijn er afleveringen die ontbreken?
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Nastasia Felici è una libera professionista che si occupa di comunicazione digitale per artisti e influencer. Nasce a Bergamo in una famiglia in cui, padre insegnante e madre contabile, di soldi si parla solo tra adulti. Cresce dunque senza una chiara percezione della situazione economica familiare. Così, quando inizia a guadagnare, adotta un approccio spensierato: «Tutto quello che ottenevo spendevo. Mia madre si lamentava molto, ma a me il risparmio non interessava».
Quando arriva il momento di scegliere l’università, i genitori accettano di investire in una privata, chiedendole però di laurearsi in tre anni. «Il costo era veramente proibitivo. Per i miei, all’epoca, fu una seconda rata del mutuo da pagare». A 21 anni, appena discussa la laurea, Nastasia ottiene un contratto di apprendistato in un’agenzia di comunicazione a Milano. E lì scopre per la prima volta il potere del risparmio: con un gruzzoletto che la madre aveva messo da parte per lei sin da quando era piccola, riesce a comprare un monolocale a Milano. «Spendevo 600 euro di mutuo a fronte di 900 euro di stipendio. Sono stati anni davvero difficili».
Dopo cinque anni, frustrata dalla mancanza di opportunità di crescita riservate spesso ai colleghi uomini, cambia lavoro, ma anche nel nuovo impiego resta insoddisfatta. Decide quindi di mettersi in proprio, aprendo una partita IVA. Con il tempo il suo nome si afferma, i guadagni crescono, ma la sua gestione delle finanze non cambia. Continua a spendere tutto quello che guadagna. Nel frattempo, sceglie di vendere il suo monolocale in favore di un bilocale nuovo. La scelta si rivela salvifica perché la nuova casa le permette notevoli risparmi energetici. Oltre a un benefit ancora più importante in termini fiscali: «Non pagavo praticamente tasse perché ero sempre a credito con lo Stato. Anche se mi entrava il lordo di 4.000 euro io ne spendevo 4.500: la questione tasse non mi allarmava minimamente».
Proprio mentre è incinta, però, questa visione spensierata del denaro le presenta il conto: «A un certo punto arrivarono 29.000 euro di tasse da pagare, e ricordo che in quel momento io e mio marito avevamo sul nostro conto 15.000 euro, pensando che fossero risparmi. Da lì, sono partite mail e telefonate alla mia commercialista piangendo, e io ho avuto un attacco di panico tale per cui sono finita in pronto soccorso».
Questo evento le fa rivalutare l’importanza del risparmio, che per un periodo considera solo uno strumento per far fronte alle tasse. Sarà la nascita della figlia a trasformare ulteriormente la sua visione, aprendola a una gestione più consapevole e strategica delle sue risorse economiche.
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La pubblicità, specchio e motore della società, si evolve per riflettere i cambiamenti culturali, sociali e tecnologici. Dalle affissioni pubblicitarie del primo Novecento ai post sponsorizzati sui social media, il settore ha dimostrato un’enorme capacità di adattamento. In questa puntata di Percorsi, Domitilla Ferrari e Anisa Harizaj esplorano l’evoluzione della pubblicità, mettendo in luce opportunità e sfide, sia sul fronte etico che su quello economico. In particolare, si discute dell’impatto della digitalizzazione, che oggi rappresenta il 60% del mercato pubblicitario globale, e dell’importanza per le aziende di affrontare temi come la sostenibilità e la responsabilità sociale.
Un caso esemplare è quello dell’agenzia pubblicitaria Armando Testa, pioniere della creatività in Italia. Fondata nel 1946, è nota per icone storiche come Caballero e Carmencita e per una visione che ha saputo unire arte e marketing. Negli anni, Armando Testa ha continuato a innovare, adattandosi all’era digitale con strategie multicanale e una forte identità visiva. Tra le sue campagne recenti, il Calendario Lavazza e l’iniziativa #PomellatoForWomen sono esempi di come un brand possa promuovere valori etici attraverso la comunicazione.
Ospite dell’episodio è Domingo Iudice, co-fondatore di Pescaria e proprietario dell’agenzia Brainpull. Iudice racconta come il successo del fast fish food nato a Polignano sia stato costruito grazie al digital marketing. Dai social media come Facebook e Instagram al passaparola, Pescaria ha combinato una strategia di comunicazione vincente con un prodotto di qualità, diventando un esempio di come la pubblicità digitale possa valorizzare il territorio e creare occupazione.
L’episodio invita a riflettere su come il marketing possa essere una leva per il cambiamento culturale e sociale, promuovendo modelli di business etici e sostenibili. Un messaggio chiaro per piccole e medie imprese: innovazione, creatività e attenzione ai valori sono i veri motori del successo.
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Irma Testa, classe 1997, è la pugile che ha scritto la storia del pugilato femminile italiano, diventando la prima donna a conquistare una medaglia olimpica. Cresciuta in un quartiere difficile di Torre Annunziata, in Campania, vede la madre lavorare da mattina a sera per mantener lei e i suoi tre fratelli, e respira il senso di comunità del vicinato, che li porta ad aiutarsi a vicenda: «Nel momento in cui non avevamo da mangiare, abbiamo sempre ricevuto aiuto da persone esterne, e allo stesso modo faceva mia madre con gli altri».
A 12 anni inizia a frequentare la palestra di pugilato del quartiere, e dopo 2 anni le chiedono di trasferirsi ad Assisi, dove si trova il ritiro della Nazionale. «In una situazione diversa forse mia madre ci avrebbe pensato un pochino. Ma per come stavamo noi, ha colto subito l'opportunità, e mi ha detto di scappare via, di salvarmi, almeno io».
A supportarla in quegli anni è la sorella maggiore, che a soli 16 anni inizia a lavorare per permettere ad Irma di inseguire il suo sogno: «Ho vissuto tantissimi anni con il pensiero di voler ripagare in qualche modo mia sorella per l’enorme sacrificio che stava facendo». E ci riesce, perché con i primi successi iniziano ad arrivare anche i primi guadagni. «Erano dei bei soldi per una persona che viene dal nulla, nonostante sia uno degli sport meno pagati al mondo. A noi arrivano le briciole, ma quelle briciole per me erano tantissimo».
Inizialmente Irma non ha una vera e propria gestione delle sue spese: compra una casa più grande per la sua famiglia e restituisce il debito simbolico alla sorella per i sacrifici fatti, ma si toglie anche ogni tipologia di sfizio. Tuttavia, con il tempo, si rende conto di come il denaro stia influenzando la sua carriera, portandola a gareggiare solo con l’obiettivo di guadagnare. «Per anni ho combattuto soltanto per soldi. Ed è una cosa bruttissima, perché stai trasformando la tua passione in un’ossessione per il danaro».
Oggi, Irma ha trasformato quell’ambizione in un sogno più grande, trovando un nuovo equilibrio. Pianifica il futuro con la sua compagna, risparmiando per il figlio che desiderano avere, e si impegna per la parità salariale nella Federazione pugilistica italiana, sostenendo una giusta retribuzione per uomini e donne.
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Se andiamo nella "preistoria degli investimenti", scopriamo che il famoso tesoro del tempio di cui parlano le tavolette di argilla dei sumeri può essere considerato una sorta di investimento etico, con un valore comunitario, in quanto "scorta" per le carestie. Puntare il faro sul mondo pre-monetario, e sulla sua maniera comunitaria di gestire il risparmio, ci apre lo sguardo a una possibilità che poi, con l’avvento dell’economia di mercato, sparisce dai nostri radar. Nel senso che oggi, «se guardiamo le motivazioni dell'investitore contemporaneo, ne scoviamo fondamentale una sola: fare profitto» spiega Edoardo Lozza, professore ordinario di psicologia economica all’università Cattolica di Milano e ospite di questa terza puntata de La nuova veste. Investire eticamente, secondo il prototipo di homo oeconomicus che troviamo in tutti i libri di economia, è una sorta di ossimoro. Ma le cose iniziano a cambiare. «Negli ultimi 15 anni, la crisi economica e finanziaria che si è avviata nel 2008, insieme alla crisi ambientale, che è una conseguenza anche di un modello di sviluppo volto alla crescita costante, non sostenibile in un pianeta finito, hanno innescato una nuova sensibilità per il consumo sostenibile, che indubbiamente apre delle opportunità anche nel mondo degli investimenti», continua Lozza.
A complicare le cose, quando si parla di investire in modo etico, c’è anche la scarsa conoscenza in materia. «Perché quando chiedi che cos'è un fondo Esg, non dico che ci sia il vuoto però le persone ne sanno pochissimo», conclude Lozza.
E allora se uno degli elementi che può fare la differenza è la conoscenza, in questa puntata abbiamo provato a spiegare con chiarezza cosa sono questi investimenti etici assieme a Francesca Colombo, responsabile Area Analisi e Ricerca di Etica Sgr.
Questo podcast è realizzato in collaborazione con Etica Sgr, società di gestione del Gruppo Banca Etica, specializzata in investimenti etici e responsabili.
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Dalla pandemia in poi, l'EdTech ha conosciuto una crescita esponenziale, trasformando il modo di fare istruzione. Secondo l'UNESCO, però, la digitalizzazione ha aumentato le disuguaglianze, lasciando indietro chi non ha accesso alle tecnologie. Tuttavia, il settore è in espansione: il mercato globale valeva 254 miliardi di dollari nel 2022, con stime che lo portano a oltre 600 miliardi entro il 2027. Cina e India guidano questa rivoluzione, ma anche Europa e Italia stanno crescendo rapidamente.
In questa undicesima puntata di Percorsi, Domitilla Ferrari e Anisa Harizaj esplorano il mondo dell'EdTech, evidenziando il suo potenziale per personalizzare l'apprendimento, grazie anche all'intelligenza artificiale e a strumenti come la Realtà Virtuale e Aumentata, capaci di rendere l'istruzione più immersiva e accessibile. Un esempio emblematico è quello di Apple Education, pioniera nel settore fin dagli anni '80, che continua a innovare con dispositivi e piattaforme per studenti e docenti, rendendo la tecnologia un alleato fondamentale per stimolare creatività e apprendimento inclusivo.
Ospite dell’episodio è Aleksandra Maravic, cofondatrice di Beyond the Box, startup italiana che promuove la formazione continua nelle PMI con un approccio innovativo basato su intelligenza artificiale e modelli in abbonamento. Maravic sottolinea l'importanza di ascoltare i bisogni specifici di dipendenti e team, adattando le soluzioni formative a sfide quotidiane e a competenze sempre più trasversali, come le soft skills.
L’episodio invita a riflettere sulle opportunità dell’EdTech per colmare il divario educativo, supportare la riqualificazione della forza lavoro e costruire un’istruzione più accessibile, pur considerando i rischi economici e di disuguaglianza digitale. Un futuro in cui innovazione e sostenibilità dovranno camminare di pari passo.
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Giovanna ha 40 anni ed è una psicoterapeuta. Proviene da un piccolo paese nelle Basse Madonie, in Sicilia, dove vive una infanzia da favola, ma che inizia a starle stretto dopo il liceo. Si trasferisce così a Palermo, per studiare Psicologia. Dopo la laurea, inizia a lavorare per pagarsi la specializzazione. «Ho fatto di tutto: dalla babysitter, alle lezioni private, alla cameriera. Diventare psicoterapeuta è stata un'impresa veramente dura». Che però viene coronata quando Save the children l'assume come psychosocial officer a Lampedusa, con uno stipendio di 2200 euro al mese. «E io ricordo la mia grande felicità. Nell'arco di due giorni ho smontato la casa, ho fatto le valigie e sono partita. Da lì ho intrapreso quello che era il mio grande sogno». In quel momento, però, qualcosa cambia, senza che faccia in tempo a rendersene conto. Un musicista che lei ammirava, e che aveva conosciuto anni prima, va a trovarla a Lampedusa e si piazza stabilmente nella sua vita. Nasce così una storia d'amore e di manipolazione, che la porta a compiere scelte apparentemente incomprensibili. «Io ho mollato il lavoro della mia vita per seguirlo a Lecce. Quando l'ho fatto, per un mese non ho dormito la notte. Avevo gli incubi perché sognavo il dissenso di mio padre». Una volta a Lecce, lui le chiede di contribuire economicamente al bilancio familiare, tornando a fare la cameriera. «Ma come? Io avevo fatto la cameriera per arrivare dove ero arrivata, e ora dovevo ricominciare?». Inizia così per Giovanna un percorso segnato da violenza economica e manipolazione emotiva, che la porta al totale annullamento della propria indipendenza professionale, personale ed economica, prima di consentirle una rinascita.
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In questo secondo episodio, Annalisa Monfreda esplora il concetto di bias cognitivi, ovvero i pregiudizi impliciti radicati nei nostri processi mentali, che influenzano scelte finanziarie cruciali. Affiancata da Massimo Bustreo, esperto di psicologia dei consumi, e Davide Mascheroni, responsabile area partner commerciali di Etica Sgr, il podcast affronta il legame tra le distorsioni cognitive e la gestione del denaro, cercando di capire come compiere decisioni più consapevoli.
Uno dei bias principali è la difficoltà di proiettarsi nel futuro, spesso visto come oscuro e minaccioso, che ostacola una pianificazione efficace. Un altro celebre bias è la “fallacia della mano calda,” che porta a generalizzazioni fuorvianti basate su esperienze passate. C'è poi l’hyperbolic discounting, il bias che ci spinge a preferire gratificazioni immediate rispetto a benefici futuri.
Massimo Bustreo sottolinea l’importanza del debiasing: sviluppare consapevolezza delle distorsioni e imparare a gestirle per migliorare la qualità delle decisioni finanziarie. La conversazione esplora anche come riconoscere i veri valori e bisogni personali, spesso offuscati da una “dismorfia del valore” che altera le priorità e le strategie di consumo.
Davide Mascheroni offre spunti pratici su come superare la paura di investire, evidenziando l’efficacia di strumenti come i piani di accumulo e l’approccio diversificato a lungo termine.
L’episodio invita gli ascoltatori a vedere l’investimento non solo come un mezzo per generare guadagno, ma come un’opportunità per influenzare positivamente l’economia reale, conciliando scelte finanziarie etiche e consapevolezza personale. La nuova veste continua così il suo viaggio tra neuroscienze e cultura, aprendo nuove prospettive sulla gestione del denaro.
Questo podcast è realizzato in collaborazione con Etica Sgr, società di gestione del Gruppo Banca Etica, specializzata in investimenti etici e responsabili.
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Negli ultimi decenni, il digitale ha rivoluzionato molti settori, ma cosa significa per il mondo della consulenza? In questo episodio di Percorsi, Domitilla Ferrari e Anisa Harizaj analizzano la transizione della consulenza da approcci analogici a digitali e come ciò abbia trasformato non solo i metodi di lavoro, ma anche i modelli di business. Con il contributo dell’esperienza di Anisa presso PwC, esploriamo il caso esemplare di una delle Big Four, che ha saputo trasformarsi con innovazioni radicali come la piattaforma digitale PwC's Digital Lab e collaborazioni con colossi tech come Microsoft e Google.
Oggi i consulenti sono chiamati a padroneggiare nuovi strumenti digitali, inclusa l’intelligenza artificiale e il cloud computing, per mantenere alta la qualità del servizio e rispondere alla crescente richiesta di competenze tecnologiche. Tra le tendenze emergenti si evidenziano la sostenibilità e l’adozione di modelli di lavoro ibridi, che alternano consulenza in presenza e da remoto, garantendo una maggiore flessibilità. La sfida però non è solo tecnica: la cultura aziendale deve evolvere insieme alla tecnologia, e le piccole e medie imprese italiane, spesso radicate in metodi tradizionali, affrontano resistenze che possono rallentare il cambiamento.
Ospite dell’episodio è Gianluca Diegoli, esperto di marketing digitale, che condivide le sue osservazioni sull’evoluzione della consulenza digitale e sull’importanza per le aziende di acquisire competenze interne che permettano loro di sfruttare al meglio i servizi esterni. Secondo Diegoli, l’approccio ai dati è cruciale per una strategia efficace, soprattutto per le piccole realtà che vogliono competere con le grandi piattaforme.
L'episodio si conclude con uno sguardo al futuro della consulenza, dove il valore risiede nella capacità di fondere il digitale con il contatto umano e la personalizzazione. L’esempio di PwC ci insegna che, se ben gestita, la trasformazione digitale non significa perdere le radici tradizionali, ma creare un ponte verso un futuro in continua evoluzione.
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Espérance Hakuzwimana è nata nel 1991 ed è una scrittrice di successo, che oggi pubblica con Einaudi. Nata in Ruanda durante il genocidio, perde i genitori molto presto e finisce in orfanotrofio. All'età di tre anni viene adottata da una famiglia bresciana e inizia la sua vita in Italia. Crescendo, Espérance inizia a percepire che esiste una relazione tra l'enorme costo sostenuto per un'adozione internazionale e le aspettative verso i figli salvati da situazioni difficili. «È stato complesso desiderare di fare la scrittrice quando i miei genitori adottivi mi chiedevano di fare lavori molto più lineari. Io fino a un certo punto ci ho anche provato», racconta.
Il denaro non contamina solo la relazione con i genitori adottivi, ma anche quella con le persone afrodiscendenti conosciute in Italia: «Tu vivi con questa discrepanza molto forte, perché tutte le persone che ti assomigliano fisicamente vivono in una condizione economica molto diversa dalla tua. Laddove ero riuscita finalmente a trovare un punto in comune, venivo esclusa perché ero ricca secondo loro».
Espérance, fin da ragazzina, prova senso di colpa per il privilegio di cui gode e con la maturità arriva a rifiutarlo, cercando di seguire la sua strada in totale autonomia. Per frequentare la scuola Holden, chiede un prestito che impiegherà più di otto anni a ripagare. Quando finalmente realizza il sogno della sua vita, diventare scrittrice, si accorge che è difficile vivere di questo lavoro, «infatti la maggior parte degli scrittori sono già ricchi». Tanto che arriva a interrompere il tour di presentazioni di un suo libro, attività svolta dagli scrittori in totale gratuità, perché ha bisogno di lavorare. «Parlare di soldi, all'interno di questo mondo, sembra quasi screditare la cultura. Però io ho bisogno di soldi per vivere, per avere il tempo per pensare, per creare, per immaginare. Se ho l'ansia perché non so come pagherò il mio affitto, di sicuro non ho tempo per la creatività».
Oggi Espérance ha trovato un equilibrio, affiancando, alla scrittura, un'attività di consulenza con le aziende. I soldi le danno la libertà di curarsi, di comprarsi un computer per lavorare meglio, ma anche di fare esperienze che l'arricchiscono emotivamente, come tornare in Ruanda 30 anni dopo averlo lasciato. «Io ho fatto questo viaggio, ho speso molti soldi, ma sono tornata a casa essendo una persona diversa».
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Investire è una parola latina che significa "coprire con una veste". Quando investiamo, infatti, diamo ai nostri risparmi una nuova veste. Ma quale?
In questa prima puntata de La nuova veste, inizieremo a orientarci nella molteplicità di forme che può assumere il nostro denaro. E lo faremo attraverso la lente della storia.
«L'investimento nella storia umana è sempre esistito», dice l'economista Emanuele Felice, «perché è fondamentale per svolgere attività economiche a lungo termine». In origine era un accordo diretto tra investitore e mercante, finalizzato a progetti di lungo termine e ad alto rischio, come le spedizioni commerciali. Con il tempo, però, anche grazie al calvinismo, che riconosce e incoraggia l’arricchimento individuale, diventa sempre più anonimo e speculativo.
Ma cosa possiamo fare noi piccoli investitori per contribuire a invertire la rotta? Quale veste possiamo dare ai nostri soldi perché vadano a far crescere l’economia produttiva?
Roberto Grossi, vicedirettore di Etica Sgr, società di gestione del gruppo Banca Etica, spiega che oggi gli investimenti etici tentano di contrastare gli eccessi della speculazione, orientando il capitale verso l’economia reale. Tuttavia, è molto forte il rischio del greenwashing da parte di istituzioni finanziarie che creano ottimi prodotti etici, ma con l'altra mano finanziano attività poco etiche. È fondamentale, dunque, che vengano stabilite regole e incentivi per orientare il settore verso una sostenibilità autentica e sociale.
Questo podcast è realizzato in collaborazione con Etica Sgr, società di gestione del Gruppo Banca Etica, specializzata in investimenti etici e responsabili.
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A partire dagli Anni Duemila, ci è parso normale comprare in media 26 chili di prodotti tessili ogni anno, il 40% in più rispetto agli Anni 90. E questo perché il fast fashion ha normalizzato la sovrapproduzione di abiti: abbiamo a disposizione sempre nuovi stili, a prezzi bassi e questo aumenta la quantità di indumenti prodotti, utilizzati e poi scartati. Ma quali conseguenze ha questo nostro modo di consumare abiti per il Pianeta? Un dato per tutti: stiamo sfruttando la natura 1,7 volte più velocemente di quanto gli ecosistemi impiegano a rigenerarsi, fino a esaurire il capitale naturale.
In questa nona puntata di Percorsi, Domitilla Ferrari e Anisa Harizaj affrontano il tema della moda circolare, sottolineando la necessità di ripensare il ciclo di vita dei capi d'abbigliamento per ridurre l'impatto ambientale. Una data fondamentale in questo senso è il primo gennaio 2025 quando per i Paesi UE scatterà l'obbligo di attuare la raccolta differenziata dei rifiuti tessili.
Una storia esemplare, da questo punto di vista, è Patagonia, azienda pioniera della sostenibilità nel fashion, che nel 2011 ha lanciato la campagna “Don’t Buy This Jacket!” per ridurre il consumismo. Nel tempo, Patagonia ha adottato iniziative innovative, incluso il trasferimento delle proprie azioni a una no-profit per finanziare cause ambientali.
Ospite dell'episodio è Gaia Segattini, fondatrice di Gaia Segattini Knotwear, un’azienda che crea capi esclusivamente da materiali rigenerati, limitando gli sprechi e promuovendo il valore della filiera corta, che produce cioè su piccola scala e garantisce la trasparenza nella catena di approvvigionamento.
L’episodio offre lezioni su come la moda circolare possa contribuire alla sostenibilità e come un cambiamento nelle abitudini di consumo sia essenziale per supportare un'industria più etica e consapevole.
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Nell’ottava puntata di Percorsi, Domitilla Ferrari e Anisa Harizaj esplorano l’evoluzione e le sfide del settore del food delivery, che negli ultimi anni ha permesso la nascita di colossi come Deliveroo, Just Eat, Uber Eats e, soprattutto, Glovo, ma che per la prima volta sta affrontando una crisi pesante. Dopo il boom dovuto alla pandemia, dalle Borse arrivano segnali negativi: le quattro aziende più grandi quotate in Europa e negli Stati Uniti, tra cui Deliveroo e Just Eat Takeaway, in 7 anni hanno accumulato perdite per oltre 20 miliardi di dollari.
Ferrari e Harizaj raccontano in particolare la parabola di Glovo, azienda fondata a Barcellona nel 2014. Quest’ultima si distingue per la sua crescita rapida grazie a un’espansione capillare nei mercati globali e locali, divenendo un “unicorno” del settore. Ferrari e Harizaj riflettono sul futuro di queste imprese, caratterizzate da una forte pressione per ridurre i costi operativi, affrontare la concorrenza e migliorare le condizioni di lavoro dei rider.
L’ospite dell’episodio, Lucia Borso, cofondatrice di So.De (Social Delivery), presenta un modello alternativo di delivery locale e sostenibile, attivo a Milano, che impiega mezzi non inquinanti e offre contratti regolari ai lavoratori. Borso spiega come questo approccio favorisca l’economia locale, con vantaggi immediati come la rapidità di consegna e una maggiore freschezza dei prodotti.
Il modello di So.De mostra come l’impresa possa integrare valori etici e sostenibilità senza sacrificare efficienza e impatto economico.
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Augusto Coppola è stato uno dei primi startupper di successo italiani, poi divenuto venture capitalist e oggi consulente sui temi dell’innovazione. Nato in una famiglia monoreddito di 5 persone, l’unica educazione finanziaria ricevuta è che i soldi si fanno lavorando. E così, per gran parte della sua giovinezza, punta ad aumentare la sua occupabilità, ovvero il valore che le sue competenze hanno sul mercato del lavoro. Dopo un’esperienza all’estero in cui riesce a mettere da parte un bel po’ di risparmi, si lancia in una startup che si rivela presto un successo. Ma la sua diseducazione finanziaria gli fa fare una serie di errori finalizzati a monetizzare subito, che gli impediscono di diventare ricco come avrebbe potuto da quell’esperienza. Dopo la prima startup, «il successo rende arroganti», e ne fa subito un’altra, che non va bene come la prima, solo che ci mette molti anni a capirlo. E nel frattempo brucia le risorse che aveva messo da parte. «Quello è stato l'abisso perché mi sono trovato improvvisamente disoccupato senza degli skill riconosciuti dal mercato, con una famiglia che era cresciuta e che comunque si era abituata al tenore di vita di uno che pensava di essere diventato ricco, quindi ho passato due o tre anni complicati». Ad aiutarlo a risollevarsi contribuisce la sua relazione con il denaro, profondamente strumentale: «Stasera mangiamo? Stiamo bene? Siamo felici? E allora chi se ne frega dei soldi. I soldi arrivano se lavoro e io un lavoro trovo sempre. Quindi non sono mai angosciato».
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In questa puntata di Percorsi, Domitilla Ferrari e Anisa Harizaj affrontano una delle sfide più complesse e cruciali per le imprese familiari: il passaggio generazionale. Il ricambio ai vertici di un'azienda, soprattutto quando si tratta di imprese di famiglia, non è solo un trasferimento di quote o ruoli, ma un vero e proprio passaggio di valori, visione e know-how aziendale. Pianificare questo processo è fondamentale per garantire la continuità e il successo dell'azienda, soprattutto in un Paese come l’Italia, dove l'85% delle imprese è a conduzione familiare.
La puntata esplora le principali sfide del passaggio generazionale, come la formazione dei successori, la trasmissione delle competenze chiave e la pianificazione patrimoniale. Le conduttrici presentano la storia della Ferrero, un caso emblematico di successo generazionale. Da Pietro Ferrero, che ha fondato l’azienda nel 1946, a suo figlio Michele, il creatore della Nutella, fino a Giovanni Ferrero, che oggi guida una delle multinazionali più conosciute al mondo. La capacità di bilanciare tradizione e innovazione è stata la chiave per affrontare il ricambio senza compromettere la crescita e la competitività dell’azienda.
Ospite della puntata è Renato Cifarelli, amministratore delegato di Cifarelli SpA, azienda familiare specializzata nella produzione di macchine agricole e per il giardinaggio. Renato condivide la sua esperienza personale nel prendere le redini dell’azienda fondata da suo padre e riflette sull’equilibrio necessario tra legami familiari e gestione imprenditoriale.
Un episodio che offre spunti pratici per chi si trova ad affrontare il delicato passaggio generazionale, con consigli su come garantire continuità e stabilità senza rinunciare all’innovazione.
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Michela Cesaretti ha 57 anni e vive a Roma. È cresciuta in una famiglia che aveva pochi soldi, ma in un contesto in cui i soldi erano poco importanti. Perché non ce li aveva nessuno e non si aveva mai la percezione di una carenza. I suoi genitori erano entrambi insegnanti ed erano cresciuti in un mondo in cui i figli facevano il lavoro dei padri. Con Michela, questo meccanismo si interrompe. Le dicono che deve scegliere il lavoro che l'appassiona e lei si laurea in Lettere, con indirizzo Discipline dello Spettacolo.
Michela, sia prima sia dopo la laurea, sperimenta diversi lavori nel mondo culturale, senza mai avere entrate davvero regolari. E benché non avesse una particolare vocazione alla libera professione, capisce che l’unico modo per lavorare con la cultura e con lo spettacolo è aprire la partita Iva. In questa dimensione professionale, dentro la quale mette tutta la sua passione, Michela però si sente scomoda dal punto di vista finanziario, perché i compensi non sono commisurati alla mole di lavoro. E le tasse «sembravano sempre una cosa fuori misura rispetto a quello che guadagnavo in un anno», racconta. «Quando bisognava fare la dichiarazione dei redditi provavo sempre uno stupore incredulo. Pensavo di essere incapace».
Durante la pandemia, momento drammatico per tutti gli artisti, Michela attiva un servizio di teatro delivery, in cui va a raccontare storie a domicilio. Più che mai si rende conto del potere delle storie e del valore che ha il suo lavoro. Eppure, proprio quando percepisce l’importanza di ciò che fa, Michela prende atto che i beneficiari del suo lavoro faticano ad attribuire a esso un valore economico: «Vi ho scritto che avrei voluto fare questa intervista dopo aver detto sì a una persona che mi ha chiesto di andare a raccontare gratuitamente, in una situazione socialmente complessa. Tendenzialmente mi sono imposta di non accettare, ma ogni tanto cedo perché riconosco la potenza del racconto».
In questo contesto difficile, Michela oggi desidera soltanto una cosa: essere chiamata per fare ciò che ama e percepire un giusto compenso per vivere una vita dignitosa.
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In questa puntata di Percorsi, Domitilla Ferrari e Anisa Harizaj esplorano la relazione tra domanda e offerta, due concetti fondamentali in macroeconomia che hanno subito profonde trasformazioni negli ultimi decenni, grazie all’impatto di fattori economici, tecnologici e sociali. Attraverso esempi pratici e una spiegazione chiara, le conduttrici analizzano come fenomeni globali quali la tecnologia, la globalizzazione e i cambiamenti demografici abbiano influenzato le dinamiche tra consumatori e produttori.
La case history dell’episodio è dedicata a Blockbuster e Netflix, due storie aziendali che incarnano il passaggio dall’era del noleggio fisico di videocassette alla rivoluzione dello streaming digitale. Blockbuster, un colosso del videonoleggio con punti vendita in tutto il mondo, non è riuscito ad adattarsi ai nuovi comportamenti dei consumatori e all’avvento di tecnologie come lo streaming, firmando così il proprio declino. Al contrario, Netflix ha saputo cogliere l’opportunità e innovare, trasformandosi da servizio di noleggio di DVD a gigante globale dello streaming, rivoluzionando il modo in cui guardiamo film e serie TV.
L’ospite della puntata è Europress Vinyl, uno dei produttori superstiti di dischi in vinile in Italia. Con un approccio manageriale e imprenditoriale, Europress Vinyl rappresenta un esempio di come un settore considerato di nicchia possa trovare nuove opportunità nell'equilibrio tra domanda e offerta, rispondendo ai cambiamenti del mercato.
Un episodio che offre una lezione preziosa per chi fa impresa: comprendere e anticipare le dinamiche tra domanda e offerta è la chiave per rimanere competitivi e affrontare le sfide del futuro.
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Antonia Moroni ha 58 anni, vive a Milano ed è responsabile amministrativa di un’azienda commerciale. È figlia di due genitori sordi, e quindi fin da bambina è il loro ponte uditivo col mondo, trovandosi coinvolta in questioni più grandi di lei. A mandare avanti la casa è sua mamma, con il lavoro di sarta, mentre il padre è un artigiano che per lungo tempo non porta uno stipendio a casa. «Almeno fino a quando mio zio, che per me è stato come un secondo padre, ha messo le mani nei conti della sua attività e l’ha rivoluzionata», racconta Antonia.
Nel 1990, però, una grande tragedia si abbatte sulla famiglia di Antonia: l’adorato zio viene ucciso a Marrakech. Ciascun membro della famiglia si ritrova con un'eredità di 250 milioni di lire. Antonia, ad oggi, non ricorda precisamente cosa ha fatto con quei soldi. Suo fratello, assieme al padre e al fidanzato di Antonia, aprono una Srl, dove presto anche Antonia va a lavorare. Ma le cose non vanno come si aspettavano: dopo un anno, infatti, chiudono. Decidono di non dichiarare fallimento e di coprire i debiti con i soldi dell’eredità dello zio. Le strade di Antonia e di suo fratello a quel punto si dividono.
Antonia costruisce la sua professionalità nella comunicazione prima, nell'amministrazione poi. Il fratello, invece, riattiva la Moroni Incisioni SNC, la società a nome collettivo del padre, di cui Antonia non è più socia, ma di cui si ritrova ad ereditare le quote alla morte del padre. Il fratello si specializza sulle grandi insegne. Antonia non ha alcuna relazione con lui, ma le cose sembrano andargli a gonfie vele: «Il suo stile di vita era molto agiato: belle macchine, bei vestiti, belle case… Io sapevo quello che mi raccontava mia mamma, però vedevo che si poteva permettere una bella vita». Se non che ogni tanto, il fratello chiede ad Antonia e a sua madre di andare a in banca a firmare delle fideiussioni o dei prestiti. Ma sembrava tutto nella regola.
Alcuni anni dopo, un dipendente di suo fratello denuncia di non percepire lo stipendio da anni. È l'inizio di un incubo. Antonia e sua madre ricevono innumerevoli decreti ingiuntivi, subiscono il pignoramento delle case, fino a ritrovarsi con un debito di 600.000 euro. Sarà un'avvocata specializzata nella legge anti-suicidi ad aiutare Antonia a venirne fuori.
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In questa puntata di Percorsi, Domitilla Ferrari e Anisa Harizaj affrontano un tema cruciale e attuale: il rapporto tra donne e finanza. Partendo da una constatazione preoccupante – l’Italia è al 104esimo posto nel mondo per partecipazione femminile alla vita economica – le due conduttrici discutono delle sfide che le imprenditrici affrontano per farsi strada in un settore ancora dominato dagli uomini. Sottorappresentazione, difficoltà di accesso ai finanziamenti e stereotipi di genere sono solo alcune delle barriere che limitano il loro successo.
La puntata esplora la storia di Muriel Siebert, la prima donna ad avere un seggio alla Borsa di New York e fondatrice della Siebert Financial Corporation. La sua storia di coraggio e determinazione è un esempio emblematico di come, nonostante le difficoltà, le donne possano eccellere e lasciare un segno in settori storicamente riservati agli uomini. Muriel non si è fermata solo alla propria carriera, ma ha anche sostenuto altre donne e minoranze attraverso programmi di finanziamento.
Ospite della puntata è Barbara Alemanni, professoressa di Finanza e consulente di numerose istituzioni finanziarie, che condivide la sua esperienza e riflette sulle sfide e le opportunità che le donne affrontano nel mondo della finanza. Con la sua esperienza accademica e pratica, Barbara offre preziosi spunti su come superare le barriere culturali e strutturali, puntando sull’educazione finanziaria e sull’importanza di creare reti di supporto.
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