Afleveringen

  • Questa puntata speciale e intensa approfondisce il tema della reincarnazione attraverso le parole di Enrico Ruggini, un esperto divulgatore del Cerchio Firenze 77, un gruppo di medium noto per le loro canalizzazioni spirituali. Enrico è invitato a spiegare le concezioni di reincarnazione secondo gli insegnamenti del Cerchio, evidenziando differenze rispetto alla tradizione cristiana e ad altre filosofie religiose.

    Enrico spiega che l’insegnamento del Cerchio Firenze 77 vede la reincarnazione non come una punizione o premio, ma come un processo evolutivo necessario. Ogni reincarnazione rappresenta un “gradino” nel cammino verso una maturazione spirituale più alta, in cui l’anima sperimenta diverse condizioni di vita, ruoli e circostanze per evolversi.

    A differenza di altre tradizioni, come il sistema karmico indiano che collega le azioni di una vita con le conseguenze nelle vite successive, il Cerchio Firenze 77 sottolinea che la reincarnazione è legata alla crescita e al miglioramento dell’essere. Questo approccio porta a una visione più equa dell’esistenza, in cui le disuguaglianze e le difficoltà della vita trovano un senso in un contesto più ampio e spirituale. L’obiettivo della discussione è far comprendere che la reincarnazione può essere vista come una possibilità di comprensione e accettazione della vita, senza la necessità di giudizi o punizioni.

    L’intento di Enrico è quello di aiutare il pubblico a riflettere sulla reincarnazione come parte di un percorso di crescita interiore e non come un semplice concetto religioso o dogmatico.

  • Cosa sono i meccanismi di difesa? A cosa servono? E perchè ci procurano tanta sofferenza?

    I meccanismi di difesa sono programmi automatici che si attivano in modo repentino e reattivo. E ci coinvolgono a diversi livelli.
    A livello fisico, i meccanismi di difesa ci avvelenano, ci fanno male, perchè scattiamo come fossimo davanti ad un pericolo reale.
    A livello mentale, ci tolgono realtà e verità, cadiamo prede delle emozioni.
    A livello emotivo, i meccanismi di difesa riducono la gamma delle nostre emozioni alla sola rabbia e paura.
    A livello spirituale, quando scattano i meccanismi di difesa, perdiamo la nostra creatività, e restiamo isolati e limitati.

    Sostanzialmente i meccanismi di difesa ci fanno male a qualsiasi livello. Iniziare a vedere i nostri meccanismi di difesa è fondamentale per poter iniziare a lavorarci prendendocene la responsabilità. Da dove possiamo cominciare?
    Dal rintracciare cosa scatta, quando scatta e comprendere quale paura c'è dietro.

    I meccanismi di difesa sono programmi automatici che scattano in modo immediato in ogni situazione della vita e creano due circoli viziosi: uno dentro di noi e uno tra noi e gli altri, perché a livello relazionale quando siamo in difesa stiamo minando la relazione. Che relazione posso avere se sono avvelenato fisicamente, se perdo il senso di realtà e non voglio la verità, se non ho capacità di provare gioia e amore, ma solo paura e rabbia e se il comportamento è solo o quello di aggredire o quello di scappare?

    Me la posso raccontare a livello relazionale, ma poi la relazione in sé diventa falsata.

    Quanto sei consapevole dei tuoi meccanismi di difesa? Quali sono le paure che ci sono dietro?

  • Zijn er afleveringen die ontbreken?

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  • Depressione e alimentazione

    Tutte le problematiche di salute sono multifattoriali. Anche la depressione può avere differenti cause e l’alimentazione può andare ad influire su stati depressivi.

    Anche nel caso della depressione, si può utilizzare il cibo come se fosse una medicina. Ciò che conta nel caso della depressione, e più in generale, è raggiungere un buon equilibrio ormonale, lavorare sul microbiota e l'infiammazione sistemica.

    Quello che bisogna tener presente è quanto sia importante quando si è in stati depressivi, concentrarsi anche sull’alimentazione.

    Tra le cose importanti a cui prestare attenzione innanzitutto dobbiamo essere consapevoli che siamo in una società obesiogena, e c’è un problema frequente in chi inizia ad avere depressione, che è l'essere stato in diete ipocaloriche per molto tempo e nella depressione c’è mancanza di energia e se il corpo è senza energia, anche la testa gli va dietro.

    Bisogna imparare a stabilizzare alcuni ormoni come l’insulina perché, se non c’è equilibrio si destabilizza il corpo per i picchi di zuccheri, che coincidono poi con sbalzi d’umore.

    Come si può intervenire sull’alimentazione per poter acquisire un maggiore equilibrio?

  • Cosa possiamo fare per prevenire la depressione? Quali strategie possiamo mettere in atto per poter affrontare la depressione al meglio?

    Vediamo alcuni punti importanti:
    • Stile di vita sano: alimentazione, esercizio fisico, sonno adeguato. In particolare, il sonno adeguato è fondamentale; privarsi di ore di sonno ci fa stare male; va ad influire sull’umore, sulle capacità di reagire, sulla gestione dello stress e della memoria, delle emozioni.
    • Tecniche di rilassamento, mindfulness e meditazione: anche queste tecniche possono influire in modo positivo nella nostra vita in modo da prevenire stati depressivi.
    • Coltivare relazioni sociali e intime: la mancanza di relazioni intime molto spesso porta a stati depressivi; non si tratta di relazioni sessuali; l’intimità è la capacità di creare un ambiente in cui ci sentiamo liberi di essere noi stessi, in cui possiamo sentirci liberi, in cui togliamo le maschere. Come? Mantenere contatti continui e regolari con amici e familiari; sviluppare relazioni intime significative.
    • Hobby e attività gratificanti: dedicare tempo a passioni e interessi personali ed esplorare nuove attività.

    Ma come si affronta la depressione?
    A seconda del livello di gravità vi sono delle strategie che possono aiutarci ad affrontare la depressione.
    • Per la depressione lieve, possiamo innanzitutto introdurre cambiamenti nello stile di vita; chiedere un supporto psicologico e sociale.
    • Per la depressione moderata è necessario affrontare una terapia psicologica che può anche prevedere l’uso di farmaci e che richiede anche la partecipazione a gruppi di supporto.
    • Per le forme gravi è necessario un trattamento integrato di farmaci e terapia in un rapporto terapeutico continuo e imparare a gestire le crisi.

  • Cosa possiamo fare per prevenire la depressione? Quali strategie possiamo mettere in atto per poter affrontare la depressione al meglio?

    Vediamo alcuni punti importanti:

    • Stile di vita sano: alimentazione, esercizio fisico, sonno adeguato. In particolare, il sonno adeguato è fondamentale; privarsi di ore di sonno ci fa stare male; va ad influire sull’umore, sulle capacità di reagire, sulla gestione dello stress e della memoria, delle emozioni.

    • Tecniche di rilassamento, mindfulness e meditazione: anche queste tecniche possono influire in modo positivo nella nostra vita in modo da prevenire stati depressivi.

    • Coltivare relazioni sociali e intime: la mancanza di relazioni intime molto spesso porta a stati depressivi; non si tratta di relazioni sessuali; l’intimità è la capacità di creare un ambiente in cui ci sentiamo liberi di essere noi stessi, in cui possiamo sentirci liberi, in cui togliamo le maschere. Come? Mantenere contatti continui e regolari con amici e familiari; sviluppare relazioni intime significative.

    • Hobby e attività gratificanti: dedicare tempo a passioni e interessi personali ed esplorare nuove attività.

    Ma come si affronta la depressione?
    A seconda del livello di gravità vi sono delle strategie che possono aiutarci ad affrontare la depressione.

    • Per la depressione lieve, possiamo innanzitutto introdurre cambiamenti nello stile di vita; chiedere un supporto psicologico e sociale.
    • Per la depressione moderata è necessario affrontare una terapia psicologica che può anche prevedere l’uso di farmaci e che richiede anche la partecipazione a gruppi di supporto.
    • Per le forme gravi è necessario un trattamento integrato di farmaci e terapia in un rapporto terapeutico continuo e imparare a gestire le crisi.

  • Quando parliamo di depressione possiamo distinguerla e suddividerla in diversi livelli.

    • Livello lieve: questo livello è caratterizzato da umore triste persistente, perdita di interesse e live perdita del sonno.

    • Distimia: stato depressivo cronico, simile ad una depressione lieve che però dura più tempo ed è caratterizzato da bassa autostima e irritabilità.

    • Depressione moderata: gli stessi sintomi della lieve diventano più insistenti e si ha in aggiunta una riduzione dell’attività sociale; inoltre iniziano problemi di concentrazione

    • Depressione maggiore: a questo livello si aggiunge sentimenti di inutilità, pensieri suicidari.

    • Depressione grave con sintomi psicotici: a questo livello si aggiungono allucinazioni e deliri.

    Ogni sintomo è una forma di comunicazione della nostra mente. Ogni sintomo è un messaggio.

    Cosa vuole dirci la depressione?
    Ci parla di squilibri e bisogni repressi o insoddisfatti per lungo tempo, di cui non riusciamo a trovare la causa. Spesso la depressione ci parla di una fatica inutile che abbiamo fatto per reprimere i nostri bisogni.
    In qualche modo il corpo reagisce a questo silenziamento rispetto ai nostri bisogni, attraverso i sintomi. E questi si manifestano in seguito a stress cronico, traumi non elaborati, bisogni relazionali insoddisfatti, squilibri biochimici, necessità di cambiamento, richiesta di autocompassione, esaurimento creativo.

    Quindi il primo passo fondamentale è proprio dare ascolto a questi sintomi per imparare a conoscerci e riconoscere come stiamo davvero e di cosa abbiamo davvero bisogno.

  • Quando parliamo di felicità siamo certi di parlare di un argomento importante per tutti: chi è che non vuole essere felice?

    Però per poter essere felici occorre capire cosa è la felicità e provare a superare alcuni miti sulla felicità.

    La felicità non è una meta finale, ma un viaggio. Uno studio di Harvard dimostra che la felicità dipende principalmente dalle relazioni significative che manteniamo nella vita.

    La felicità non è uguale per tutti. Uno studio dell'Università della California mostra che è molto personale e unica per ciascuno.

    Qui è necessario comprendere che esistono due tipi di felicità: quella illusoria (legata a condizioni esterne) e quella interiore (più autentica e duratura).

    La ricerca ossessiva della felicità può essere controproducente. Uno studio del Journal of Happiness Studies dimostra che chi cerca ossessivamente la felicità spesso prova meno soddisfazione.

    La felicità non è uno stato costante o eterno. È un'abilità da coltivare per affrontare al meglio i diversi momenti della vita.

    Il "segreto" è la pratica della gratitudine, che è importante per apprezzare ciò che si ha nel presente. Inoltre è fondamentale imparare a osservare e essere presenti nel momento, vivendo il presente per come è.

  • In questo video proveremo a sfatare alcuni miti che ci sono intorno alla depressione.
    Ma cosa è la depressione?

    Innanzitutto occorre partire dal fatto che ognuno di noi ha una parte depressiva: quello che poi diventa un grave disturbo è l’amplificazione di un tratto che ognuno di noi ha. Diventa disturbo quando diventa pervasiva e impedisce il normale svolgimento della vita.

    La parte depressiva è quella parte che ci spinge al ritiro sociale; ci spinge all’autocritica e al senso di inadeguatezza, a provare rabbia verso se stessi. Altri sintomi a cui prestare attenzione sono la lamentela e la mancanza di speranza.

    Ci sono però dei miti sulla depressione da sfatare. Vediamone alcuni.

    Primo mito: la depressione è solo tristezza.
    La depressione non è solo tristezza. È come una nebbia che piano piano ci avvolge, che si manifesta nella perdita di interessi ed interesse per ciò che ci circonda.

    Secondo mito: la depressione è un segno di debolezza.
    In realtà non ha nulla a che vedere con la forza di volontà e quindi non è un segno di debolezza perché non dipende solo da noi.

    Terzo mito: se hai una buona vita non puoi essere depresso!
    Questo non è vero.

    Quarto mito: la depressione passa da sola.
    Bisogna chiedere aiuto quando ci rendiamo conto di averne bisogno.

    Quinto mito: i farmaci cambiano la personalità.
    Non è vero neanche questo.

    Sesto mito: parlare della depressione la peggiora.
    Non è vero: spesso crediamo che parlarne non serve a nulla.

    Settimo mito: colpisce solo gli adulti.
    Non è vero, poiché sta aumentando anche nei più giovani.

    Ottavo mito: la depressione è sempre causata da un evento esterno.
    Non è detto, poiché può essere espressione anche di altri elementi.

    Nono mito: se sei depresso devi solo tirarti su.
    Non funziona proprio così. Spesso da soli non riusciamo a superare i nostri momenti depressivi.

    Decimo mito: la depressione è permanente.
    Non è così: dalla depressione si esce con successo. È necessario trovare il modo giusto per noi.

  • Quando mi manca qualcosa, cosa vado a cercare? L' esatta forma che mi completa!

    Sento un vuoto dentro di me e vado a cercare l'esatta forma che mi completa e credo che queste siano relazioni nutrienti; addirittura, in slanci di umanità incredibile inizio a chiamarlo amore questo.

    Non parlo solo di coppia, può trattarsi anche di amicizia.

    Quindi, bisogno, soddisfazione di quel bisogno e credo di amare quella persona e qui c'è una confusione di termini incredibile, perché quella è la soddisfazione di un bisogno carenziale: ho avuto una carenza nella mia infanzia e cerco la persona che riempia questo mio vuoto.

  • In questa nuova puntata di "Sentieri d'Amore," la rubrica dedicata alle relazioni affettive, si affronta la domanda sempre più pressante: perché le coppie durano sempre meno?

    Quali possono essere le cause del fatto che le coppie durano sempre meno?

    Il punto di partenza è imparare a distinguere tra infatuazione e amore.

    I fattori chiave per distinguere i due sono la durata, la profondità, l'accettazione, lo sforzo e il sacrificio e l'indipendenza.

    Si sottolinea l'importanza di comprendere l'indipendenza come elemento fondamentale, nonostante il mito della dipendenza emotiva.

    Se valutiamo questi parametri possiamo comprendere cosa non funziona o non ha funzionato nelle nostre coppie e possiamo seriamente riflettere sulle nostre relazioni e utilizzare queste informazioni per la crescita personale anziché giudicare gli altri.

    E tu, hai mai scambiato l'infatuazione amore?

  • Che cos'è una relazione?

    Per poter comprendere il senso ed il significato delle relazioni, bisogna partire da cosa relazione significa per ognuno di noi.

    Infatti ognuno attribuisce un significato diverso al termine relazione. Se per relazione io intendo conflitto e se chi mi sta di fronte intende comunione, non solo sarà difficile essere in relazione, ma anche semplicemente parlarsi.

    Relazione, in generale, vuol dire essere connessi, tant'è vero che tutto è in relazione, perché in qualche modo, a qualche livello siamo tutti connessi.

    Nella nostra vita, sperimentiamo sia ottime relazioni che pessime relazioni.

    Per iniziare a costruire delle relazioni armoniche, vere e sane, occorre partire dalla relazione fondamentale con noi stessi.

    Che vuol dire avere una relazione con se stessi? Se io sono uno, con chi devo essere in relazione?

    In realtà, noi siamo fatti da parti, che sono in relazione tra di loro.
    Al nostro interno possiamo riconoscere tre macro-sistemi che possiamo definire sè superiore, sè inferiore e maschera.

    Questi sistemi sono fatti da ulteriori parti e sono in relazione tra loro. Quando entriamo in relazione con gli altri, entrano in gioco una serie di meccanismi, che determinano il tipo di relazione che noi instauriamo con l'altro.

    E queste relazioni possono essere nutrienti o possono essere velenose. Tutti, in realtà, sperimentiamo entrambe i tipi di relazione.

    E tu, che tipo di relazioni coltivi?

  • Ognuno di noi desidera delle relazioni sane, equilibrate e nutrienti.
    Quali sono i fattori per poter dire che le nostre relazioni sono equilibrate?

    In questo video vediamo cinque fattori chiave per valutare e migliorare l'equilibrio nelle relazioni interpersonali, poiché una relazione equilibrata è fondamentale per il benessere emotivo.

    Il primo fattore sottolinea l'importanza di una valutazione pratica delle dinamiche relazionali, come la divisione delle responsabilità e delle decisioni quotidiane.

    Una relazione può essere paragonata a un ponte sospeso, che regge solo se entrambe le parti contribuiscono in modo equo.

    Il secondo punto evidenzia l'importanza di sentirsi valorizzati nella relazione e di portare valore ad essa. È fondamentale non solo aspettarsi di essere valorizzati dall'altro, ma anche valorizzare sé stessi e il proprio ruolo nella relazione.

    Il terzo aspetto riguarda la gestione delle aspettative: è essenziale confrontarle con la realtà e accettare l'altro per ciò che è, evitando di creare squilibri dovuti a aspettative irrealistiche.

    Il quarto punto sottolinea l'importanza dell'autocura all'interno della relazione. Non bisogna delegare completamente all'altro il proprio benessere emotivo, ma essere capaci di prendersi cura di sé stessi per mantenere un equilibrio sano.

    Infine, il quinto fattore riguarda il bilanciamento emotivo: è necessario accettare e gestire le diverse emozioni che caratterizzano una relazione, evitando di essere sopraffatti dalle emozioni negative e mantenendo un equilibrio tra positività e negatività.

    Cerchiamo e creiamo relazioni "belle" che portino energia e soddisfazione e benessere nella nostra vita.

  • Sono troppo buono: supera la COMPIACENZA

    In questo video parleremo del concetto di essere "troppo buoni", spesso usato per descrivere persone che non sanno dire di no e non riescono a mantenere i propri confini.

    Essere "troppo buoni" significa spesso non saper dire di no, non riuscire a mantenere i propri confini e non essere autentici.

    Questo può portare a malessere sia relazionale che personale. In questo estratto del seminario, attraverso interazioni, esercizi e storie dei partecipanti, esploriamo come superare questa difficoltà.

    Spesso ci etichettiamo come "troppo buoni" per giustificare comportamenti compiacenti.
    La bontà genuina non porta sofferenza, mentre la compiacenza, ovvero l'incapacità di dire di no per paura di essere giudicati negativamente, sì.

    Spesso è difficile dire di no per timore di apparire maleducati o irrispettosi.
    Tuttavia, la vera bontà risiede nell'equilibrio tra il proprio benessere e quello degli altri.

    E' di fondamentale importanza riconoscere i propri bisogni e di esprimerli senza paura. Questo non è segno di egoismo, ma di autenticità e rispetto per sé stessi e per gli altri

  • Quanto è importante conoscersi bene? Come possiamo divenire più consapevoli di noi stessi?

    In questo video parliamo proprio dell'importanza della consapevolezza dei propri pensieri ed emozioni.

    La mancanza di consapevolezza, infatti, porta i pensieri ed emozioni non elaborati a depositarsi nell'inconscio, rendendo il peso emotivo più pesante.

    Con una mente che produce 70.000 pensieri al giorno, è difficile tenerli sotto controllo.
    La consapevolezza permette di fermare questi pensieri ed emozioni e di analizzarli.

    Attraverso cinque domande quotidiane, si può navigare interiormente: identificare le preoccupazioni, riconoscere la tristezza, analizzare le irritazioni, ascoltare il corpo e apprezzare la bellezza.

    Ogni domanda offre una pratica semplice per sviluppare la consapevolezza, liberandoci da pensieri e emozioni non elaborati.

  • Spesso noi abbiamo un'idea di cosa rappresenta una buona relazione.
    Altrettanto spesso, però, ci aspettiamo che siano gli altri a soddisfare questi requisiti.

    Il punto da cui partire è chiederci quale parte di noi entra in relazione con l'altro.

    E' la parte adulta o quella egoica?
    Quale parte di noi si relaziona con l’altro?

    A seconda di quale parte si relaziona, cambiano le relazioni.

    Le buone relazioni sono quelle in cui si vuole il confronto; questa è la parte adulta. Dall’altro lato c’è la parte bambina che vuole conferme. Nelle buone relazioni vogliamo prenderci cura dell’altro; la parte bambina però richiede/pretende attenzione e soddisfazione dei propri bisogni.

    Le relazioni sono sempre dinamiche e non devono essere rigide e ferme.

    Nelle buone relazioni funziona la comunicazione aperta, mentre nelle relazioni infantili si può parlare di manipolazione emotiva.

    Come capire se siamo nel sé inferiore? Innanzitutto bisogna riconoscere il nostro ego. Comprendere quando scatta il nostro ego, con chi, in quale situazioni; imparare poi gradualmente ad integrarlo.

    Fiducia e libertà sono altre due caratteristiche del nostro sé superiore, cioè quelle parti di noi adulte che tendono a relazioni sane; dall’altro lato troviamo il senso del possesso e del controllo.

    Ognuno di noi ha dentro tutte queste spinte. Dobbiamo toglierci l’ideale delle buone relazioni e comprendere che anche le buone relazioni sono un arte: richiedono impegno, cura, attenzione, sforzo.

  • Noi siamo fatti di parti e ogni parte ha uno specifico ruolo ed utilità. Un aspetto fondamentale è cercare di mediare tra queste parti in modo da gestire i conflitti interni e vivere in modo più sereno.

    È vano cercare relazioni pacifiche all'esterno se dentro di noi c'è guerra!

    I conflitti interni, infatti, si riflettono all'esterno ed è importante coltivare la pace interiore per poter vivere armoniosamente. La sofferenza non è qualcosa da eliminare, ma è un elemento naturale della vita che, se affrontato adeguatamente, può essere utile per la crescita personale.

    Cosa fare per gestire le difficoltà? Ci sono due strade: accettazione e adattamento ai dati di realtà, mantenendo la calma e la centratura.

    Innanzitutto è fondamentale riconoscere e gestire le proprie parti interne, affrontare la sofferenza come un'opportunità di crescita e mantenere un atteggiamento realistico e sereno di fronte alle difficoltà.

  • Insieme al Dr. Calvi Parisetti abbiamo parlato, in questa diretta, di quale può essere considerato un vero aiuto per il lutto.

    Fino a qualche anno fa gli approcci utilizzati sono stati pochi e spesso si sono rivelati inefficaci.

    Il Dr. Calvi Parisetti si occupa di ricerca psichica applicata: cosa possiamo fare con i risultati della ricerca psichica?
    In particolare questo ambito di ricerca è interessante per il lutto e dolore per la perdita e per chi ha paura della morte. Questo ha l’obiettivo di sviluppare un concetto e una nuova proposta terapeutica per la gestione del lutto.

    Quali sono i fatti? Innanzitutto abbiamo il bisogno di imparare a gestire il lutto.
    Fino a qualche tempo fa la terapia del lutto era dominata da due idee: Freud inventa il lavoro del lutto che ha come obiettivo arrivare al distacco dalla persona perduta e all' attaccamento a nuove persone.
    Poi vi è stata la Kübler-Ross che ha parlato di 5 stadi di preparazione alla morte, i cosiddetti 5 stadi del lutto. Ma non c’è nessuna evidenza fattuale che queste teorie siano efficaci. Si sono dimostrate, piuttosto, inefficaci quando non dannose.

    Cosa fanno nella realtà le persone quando hanno una perdita? Non si distaccano da chi hanno perso, ma vi restano attaccati per la vita intera. Alcuni di essi hanno esperienze di contatto sensoriale, di comunicazione con la persona persa.
    Anzi recupera meglio proprio chi mantiene un legame con la persona persa.

    Quali sono i nuovi approcci alternativi e che si sono dimostrati efficaci nella gestione del lutto?

  • Svelare il sé inferiore: paura, orgoglio e volontà egoica

    Ci sono tre aspetti fondamentali del nostro sé inferiore: la paura, la volontà egoica e orgoglio.

    Dal Sentiero di Eva Pierrakos: lezione 30 (https://pathwork-ilsentiero.com/wp-co...)

    Cosa è il sé inferiore?

    È il sé cieco che agisce in base agli impulsi. Non tiene conto né delle conseguenze che le azioni possono avere su noi, nè sugli altri e neanche sul mondo esterno.

    La prima forza distruttiva è la paura: un essere umano se non avesse la paura utile come emozione di base morirebbe; ma spesso noi proviamo la paura come forza distruttiva e la proviamo quando questa contrasta la fiducia, la fede nella vita. Quando abbiamo paura ci aggrappiamo all’illusione di controllo. Lo facciamo attraverso due forze: la volontà egoica e l’orgoglio.

    Per controllare, quindi, alimentiamo la volontà egoica, questa forza cieca che ci spinge ad imporre il potere e la nostra soddisfazione personale sugli altri.

    La volontà egoica si appoggia sull’orgoglio, che è il sentimento di superiorità verso gli altri. Orgoglio e volontà egoica si alimentano a vicenda.

    Queste tre forze sono sempre presenti. Dobbiamo affrontare le paure nucleari perché altrimenti si attivano volontà egoica e orgoglio. E questo ci fa sentire sbagliati. In questo modo si attiva il nostro giudice interno.

    Queste tre forze sono la chiave della sopraffazione umana, sono le tre forze più distruttive.

    Per questo è fondamentale imparare a gestirle. Come si gestiscono? Innanzitutto, bisogna riconoscerle.

  • Se esiste un aldilà, come è fatto?

    Quando descriviamo l’aldilà lo facciamo attraverso il racconto di altri e queste descrizioni sono basate sulla testimonianza coerente e consistente (tutti dicono lo stesso genere di cose) che ci viene da tre gruppi di fonti diverse e indipendenti tra di loro.

    Le tre categorie sono:
    • Persone che riportano un’esperienza sul letto di morte prima del decesso.
    Queste persone hanno una visione nelle 36/24 ore prima del decesso dell’aldilà. Queste sono una momentanea visione di una realtà che non è quella terrena.

    • Esperienze di premorte: situazioni cliniche in cui non c’è la coscienza, le persone hanno un’esperienza comune tra individui molto diversi e formano ricordi molto lunghi e hanno percezioni veridiche dell’ambiente da un punto di vista esterno al corpo e mostrano cambiamenti nel comportamento, che si manifesta comune a chi passa attraverso quell’esperienza. Anche queste fonti possono essere considerati attendibili.

    • I morti, le personalità disincarnate, che continuano ad esistere dopo che il corpo ha smesso di esistere.

    Possiamo fidarci di queste fonti?
    Cosa possiamo "farcene" di queste informazioni?
    Ne abbiamo parlato nel video.

  • È possibile scegliere la propria vita?

    La vita è fatta di tante sfumature e, se da una parte c’è subire la vita e dall’altra c’è scegliere, in mezzo ci sono tantissime possibilità.

    Molto spesso noi sentiamo di subire la vita e viviamo giornate in cui ci sentiamo schiacciati dal fallimento. E ci sembra di cadere nella disperazione.

    Il modo in cui noi reagiamo ai fatti che accadono determina il modo in cui viviamo la nostra vita. Quindi il primo passo è partire dai fatti, dai dati di realtà

    Quando noi raccontiamo una storia i dati spesso vengono messi da parte e perdendo il contatto con essi cambia il nostro modo di vedere e quindi di vivere la vita.
    Infatti quando non viviamo con consapevolezza, la vita sembra imposta da un destino avverso, ma è solo scritta dal nostro inconscio, la parte di noi che ancora non conosciamo.
    La vita infatti comunque la scegliamo; la domanda da farsi è: chi sta scegliendo? Tu, in modo consapevole o la tua parte inconscia?

    Quando accresce in noi la consapevolezza cambia il modo in cui guardiamo alle cose che ci accadono.

    In che modo possiamo crescere in consapevolezza?

    Possiamo iniziare a meditare quotidianamente su alcuni argomenti ogni giorno per poter fare scelte diverse per la nostra vita.